Di Paola Francesca Moretti Caporedattore alla cultura 

Da cosa viene attratto un probabile acquirente di un libro? Da una molteplicità di elementi, quali ad esempio l’immagine di copertina, la trama, il numero di pagine…e dalle parole che costituiscono il titolo, influisce pure il carattere e lo stile con cui sono state scritte, un po’ come i lettori di questo articolo che verosimilmente si sono chiesti perché ho scritto probabile in corsivo. Tutti ormai sono a conoscenza che il popolo italiano non rientra nella top ten dei lettori. Un gran peccato, però, perché forse ignorano quanto affermato da Giacomo Leopardi, ovvero, che “Un buon libro è un compagno che ci fa passare dei momenti felici.” Poi, detto proprio da lui… che nello stato emotivo felice vi giaceva poco o niente.

A me, a volte, capita di essere catturata dal titolo oppure da una sola parola in esso contenuta, infatti, è questo il motivo che mi ha spinta a leggere i sette brevi racconti scritti da Stefano Brusadelli. Il termine “atrocità” contenuto nel titolo della raccolta ha messo in moto la mia fervida immaginazione.
In tutta onestà non conoscevo Stefano Brusadelli, stimolata da un profondo senso di curiosità ho fatto qualche ricerca e ho scoperto che è romano di origini, classe 1955, giornalista. Ha collaborato per Il Mondo, Panorama, occupandosi più che altro di politica italiana, successivamente è passato al Sole24ore. Brusadelli, inizialmente, ha iniziato a scrivere cimentandosi con i racconti, in seguito con i romanzi: I santi pericolosi, Le ali di carta, Gli amici del venerdì che gli hanno dato molta notorietà come autore di noir.
Sette storie di piccole atrocità è una raccolta di narrazioni brevi. Il racconto di apertura, C’è posta da Milano, è la storia del dottor Domenico Cuzzocrea che scopre l’esistenza di uno scambio epistolario tra la sua mamma, ormai defunta, e il suo amante.

Tremendo lo smarrimento di questo figlio dinanzi a una madre completamente diversa da quella che aveva sempre conosciuto. La curiosità di sapere di più della donna che lo aveva messo al mondo lo porterà a continuare la corrispondenza. L’interesse un tantino perverso del protagonista è magistralmente architettato dall’autore per trarre in inganno il suo lettore, per arrivare a un finale inaspettato.
Il secondo racconto Il buon fantasma giocherella su quell’aspetto della personalità umana a credere, specie se l’interlocutore è abile a raggirare i sempliciotti. Una storia di ricatti ben articolata.

Il pandispagna racconta la storia di un carabiniere Graziano Ponzoni, il quale mette in atto tutte le sue abilità investigative per scovare chi, ogni 10 ottobre, da anni, invia a casa dei suoi genitori, ora di sua proprietà, una torta di pandispagna. Per il povero maresciallo forse sarebbe stato meglio godersi semplicemente quella leccornia senza troppo indagare, un’amara verità lo attende una volta tolto il coperchio al vaso di pandora.

Il consigliere del Padreterno è un raccontino dai risvolti tragicomici, un pensionato che incarna il perbenismo e la falsa ricerca del rispetto altrui, ma anche lui, alla fine, avrà la sua bella dose di punizione.

Il caffè delle otto è la storia di un abitudinario, il signor Ottorino Pagliuca, il quale per aver deviato di trenta minuti la sua routine quotidiana condurrà una giornata infernale. Purtroppo il mondo è bello perché è vario, c’è chi la vita la vive attimo dopo attimo e chi invece deve programmarla minuziosamente dal giorno prima.

I carissimi cugini mi ha portato alla mente il proverbio “parenti serpenti”, che dalle mie parti si usa ogni qualvolta un familiare antepone il proprio tornaconto al bene della famiglia. Un po’ è quello che accade alla famiglia Spanò a seguito della morte di un cugino ricco, mai considerato in vita, e appena sepolto, sono lì come avvoltoi a volteggiare sull’eredità. L’autore ha dato a questo racconto un finale terribilmente vendicativo.

Ultima storia Il dio di Campo Marzio, è una bella storia d’ amore tra due persone non più giovani. In questo racconto l’atrocità, a mio avviso, sta nella solitudine degli anziani, lasciati soli al loro destino, e nonostante tutto cercano di farsi forza l’un l’altro. Un bel racconto conclusivo che invita il lettore a una riflessione sulla condizione umana.
Ho apprezzato la lettura di queste sette storie. Stefano Brusadelli è un bravo scrittore, ha saputo fotografare con il suo stile asciutto e lineare vicende del vivere quotidiano, fatte di menzogne, ricatti, manipolazioni, credulità. Accurate le descrizioni dei personaggi e dei luoghi, protagonista la sua città, Roma, rappresentata cupa e grigia, con un “alito umido”, la pioggia la fa da padrona nei racconti.

Lo scrittore ha voluto evidenziare l’altra faccia della capitale, quella non festosa, luminosa, probabilmente perché messa già abbondantemente in risalto da altri.
La lettura di questo libricino è scorrevole e piacevole, ve lo consiglio se volete trascorrere un po’ di tempo in compagnia di atrocità del tutto singolari e non dimenticate che “Chi non legge, a 70 anni avrà vissuto una sola vita: la propria! Chi legge avrà vissuto 5000 anni: c’era quando Caino uccise Abele, quando Renzo sposò Lucia, quando Leopardi ammirava l’infinito… perché la lettura è una immortalità all’indietro.” Umberto Eco

pH : Wikipedia

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