L’ editoriale del Direttore Daniela Piesco
L’annuncio della tregua tra Israele e Hamas, mediata dal Qatar e dagli Stati Uniti, rappresenta un’importante svolta nella guerra in corso nella Striscia di Gaza. L’accordo, strutturato in tre fasi, prevede una tregua iniziale di 42 giorni, il rilascio graduale di ostaggi israeliani e l’avvio del ritiro delle forze israeliane. Tuttavia, alla luce dei precedenti storici e della complessità geopolitica della regione, sorgono dubbi sulla sostenibilità a lungo termine di questa intesa.
Precedenti storici e difficoltà
Accordi di tregua simili sono stati raggiunti in passato, ma spesso non hanno retto. L’Accordo di Oslo del 1993 prometteva una soluzione a due Stati, ma le tensioni e la mancanza di fiducia reciproca hanno portato al suo fallimento. Anche i cessate il fuoco precedenti tra Israele e Hamas si sono infranti a causa di violazioni, recrudescenza delle violenze e mancata implementazione degli impegni assunti.
L’attuale accordo include questioni delicate, come la ricostruzione di Gaza e l’apertura dei valichi di frontiera, che dipendono dalla cooperazione tra Israele, Hamas e attori internazionali. Tuttavia, l’assenza di un quadro vincolante per le parti rischia di lasciare margine a interpretazioni divergenti, compromettendo l’intesa.
Elementi positivi dell’accordo
La mediazione del Qatar, supportata dagli Stati Uniti, dimostra un impegno internazionale per stabilizzare la regione. Il rilascio degli ostaggi è un elemento umanitario cruciale che potrebbe migliorare il clima negoziale. Inoltre, la menzione di un piano di pace per affidare la gestione di Gaza all’Autorità Nazionale Palestinese, con il supporto dell’Onu, offre uno spiraglio di speranza per rilanciare il processo di pace.
Criticità e rischi
Le dichiarazioni di Khalil al-Hayya, capo negoziatore di Hamas, che promette di non dimenticare né perdonare le sofferenze inflitte a Gaza, riflettono una profonda sfiducia reciproca. Nel frattempo, gli attacchi aerei israeliani continuano, dimostrando che le tensioni nella regione non si sono placate. La mancata menzione del disarmo di Hamas e della smilitarizzazione di Gaza lascia irrisolte alcune delle questioni più cruciali per una pace stabile.
Punti cruciali
La persistenza di dinamiche negoziali simili nel tempo suggerisce un ciclo di stallo diplomatico che si ripete. Come nei precedenti tentativi di accordo, le parti si accusano reciprocamente di sabotaggio e mancanza di buona fede nelle trattative.
L’ammissione di Ben Gvir riguardo al sabotaggio dell’accordo solleva interrogativi sulla reale volontà politica di raggiungere una soluzione. Questo richiama situazioni analoghe nel passato, dove fazioni politiche interne hanno ostacolato potenziali accordi di pace.
Criticità e Interrogativi sulla Fattibilità
La fattibilità dell’accordo presenta diverse problematiche:
La frammentazione politica interna israeliana rappresenta un ostacolo significativo. La presenza di figure come Ben Gvir nel governo e le tensioni tra diverse fazioni politiche complicano l’implementazione di qualsiasi accordo.
La questione della giustizia internazionale e il possibile coinvolgimento della Corte penale internazionale aggiungono un ulteriore livello di complessità. La ricerca di un salvacondotto per Netanyahu evidenzia le tensioni tra giustizia internazionale e processo di pace.
Prospettive Future
Le prospettive future si delineano su diversi scenari possibili:
Scenario di breve termine: Un accordo temporaneo potrebbe emergere sotto pressione internazionale, ma la sua stabilità sarebbe precaria dato il contesto politico attuale.
Scenario di medio termine: La situazione potrebbe evolversi in base ai cambiamenti politici sia in Israele che negli Stati Uniti, con possibili ripercussioni sulle dinamiche negoziali.
Scenario di lungo termine: La risoluzione definitiva del conflitto richiederà probabilmente un cambio significativo nelle leadership di entrambe le parti e un rinnovato impegno della comunità internazionale.
Considerazioni Conclusive
La situazione attuale presenta paralleli significativi con precedenti tentativi di accordo, ma si svolge in un contesto internazionale più complesso. La presenza della giustizia internazionale come nuovo attore e le dinamiche politiche interne rendono il processo particolarmente delicato.
Il successo di qualsiasi accordo dipenderà dalla capacità di superare le resistenze interne, gestire le pressioni internazionali e costruire un consenso duraturo tra le parti. La storia suggerisce che questo richiederà un impegno significativo e possibilmente un cambiamento nelle dinamiche politiche attuali.
Se l’accordo reggerà, potrebbe aprire la strada a negoziati più ampi, incluso il rilancio degli Accordi di Abramo e la nascita di uno Stato palestinese. Tuttavia, eventuali violazioni o provocazioni potrebbero far precipitare nuovamente la situazione, con conseguenze devastanti per la popolazione civile. Il coinvolgimento degli Stati Uniti e l’eventuale rafforzamento dell’Autorità Nazionale Palestinese potrebbero ridisegnare la leadership palestinese e il ruolo di Gaza nella regione.
L’accordo rappresenta un’opportunità rara ma estremamente fragile. Senza un cambiamento profondo delle dinamiche di conflitto e senza affrontare le radici del problema, questa tregua rischia di rivelarsi solo una pausa temporanea in un conflitto cronico. Una pace duratura nella regione richiederà un impegno strutturale, supportato da una comunità internazionale determinata e da un dialogo genuino tra le parti coinvolte.
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