Di Daniela Piesco 

La scomparsa di Alberto Trentini in Venezuela solleva interrogativi non solo sul suo destino, ma anche sulle sfide diplomatiche che l’Italia affronta quando i propri cittadini diventano pedine in contesti politici complessi. Il cooperante italiano, fermato dalle autorità venezuelane il 15 novembre scorso durante una missione umanitaria con la Ong Humanity & Inclusion, non ha più dato notizie di sé. La vicenda ha portato alla ribalta un caso che, purtroppo, ricorda altre situazioni in cui professionisti italiani si sono trovati in condizioni di pericolo in Paesi politicamente instabili o ostili.

Tra i casi recenti, quello di Cecilia Sala rappresenta un interessante parallelo. Sala, giornalista italiana rapita brevemente in Iran durante un reportage, è riuscita a sfuggire a un destino incerto grazie all’intervento tempestivo delle autorità italiane e alla pressione mediatica. La differenza cruciale, però, è che mentre il caso di Sala è stato risolto in tempi rapidi grazie all’attenzione internazionale, quello di Trentini sembra avvolto da un silenzio istituzionale e diplomatico che rischia di prolungarne la detenzione.

Il dramma di Alberto Trentini
Alberto Trentini, originario del Veneto, si trovava in Venezuela con una missione umanitaria mirata a supportare persone con disabilità, una delle categorie più vulnerabili in un Paese devastato da una crisi economica e politica senza precedenti. Fermato a un posto di blocco insieme all’autista dell’Ong, è stato trasferito a Caracas senza accuse formali. La famiglia, senza notizie da oltre due mesi, vive nell’angoscia, temendo per la salute di Alberto, già compromessa dalla mancanza di accesso a farmaci essenziali.

La madre di Trentini, Armanda, ha denunciato con forza la situazione, definendo il figlio “una pedina” in una partita diplomatica più grande. L’arresto, infatti, si inserisce in un contesto di relazioni tese tra Italia e Venezuela, aggravate dalla recente espulsione di tre diplomatici italiani da Caracas. Il vicepremier e ministro degli Esteri, Antonio Tajani, ha ribadito l’impegno dell’Italia per garantire il rispetto delle leggi internazionali e la sicurezza dei propri cittadini, ma finora il governo Maduro non ha fornito alcuna informazione ufficiale sul cooperante.

Cecilia Sala e Alberto Trentini: destini divergenti

Il confronto tra la vicenda di Cecilia Sala e quella di Alberto Trentini mette in luce il diverso approccio delle autorità italiane e della società civile nei due casi. Sala, giornalista d’inchiesta, ha beneficiato di una rete mediatica forte e di un intervento istituzionale rapido, che ha portato alla sua liberazione. La sua vicenda è stata raccontata in tempo reale, mobilitando l’opinione pubblica e aumentando la pressione sui responsabili.

Al contrario, la storia di Trentini sembra soffrire di una minore visibilità. La sua missione, nonostante l’alto valore umanitario, non ha attirato la stessa attenzione mediatica. La famiglia e gli avvocati hanno lanciato appelli accorati, ma il caso non ha ancora trovato eco sufficiente per spingere a un’azione decisiva. Questo silenzio potrebbe riflettere una strategia diplomatica di basso profilo adottata per evitare di compromettere i negoziati, ma rischia di far cadere la vicenda nell’oblio.

La complessità diplomatica

La posizione dell’Italia è delicata. Da un lato, c’è la necessità di garantire la sicurezza di Alberto Trentini, dall’altro quella di evitare di inasprire le relazioni con il governo venezuelano. Antonio Tajani ha ribadito che “non è il momento di fare polemiche”, sottolineando la necessità di lavorare con discrezione. Tuttavia, questa prudenza rischia di alimentare la frustrazione della famiglia e di chi, come l’avvocata Alessandra Ballerini, chiede una maggiore pressione sul Venezuela per ottenere la liberazione del cooperante.

Un appello per non dimenticare

La storia di Alberto Trentini non è solo quella di un uomo in pericolo, ma anche un monito sulle responsabilità delle istituzioni e della società civile. Come nel caso di Cecilia Sala, la mobilitazione può fare la differenza. Dare voce alla vicenda di Trentini significa non solo chiedere giustizia per un cittadino italiano, ma riaffermare il valore della solidarietà umana e il dovere di proteggere chi dedica la propria vita agli altri.

L’Italia può e deve fare di più per riportare Alberto a casa. La sua famiglia, come quella di ogni italiano in difficoltà all’estero, merita di sapere che non sarà lasciata sola.

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

CAPTCHA ImageChange Image

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.