L’ editoriale del Direttore Daniela Piesco 

La polarizzazione geopolitica del nostro tempo ha portato a una crescente tendenza nella narrazione occidentale: la semplificazione e l’appiattimento della realtà per adattarla a logiche di scontro ideologico. Il necrologio dedicato a Marija Zajtseva, pubblicato sul Corriere della Sera del 19 gennaio, ne rappresenta un esempio lampante, dove il pathos retorico si mescola a una visione eurocentrica che sfida persino le basi della geografia politica e culturale.

Un’Europa a geometria variabile

Nel racconto del Corriere, l’Europa si ridisegna a piacimento, escludendo dalla sua mappa tutto ciò che non rientra nella narrazione manichea di una “democrazia in lotta contro il dispotismo”. Così, la Bielorussia di Aleksandr Lukašenko viene relegata al “dispotismo asiatico”, nonostante il suo pieno diritto geografico e storico a essere parte dell’Europa. Questa distorsione non è un errore casuale, ma uno strumento deliberato per alimentare l’immagine di un’Europa democratica e giusta contrapposta a un “nemico esterno” che si muove nell’ombra dell’autocrazia russa.

Tale logica, già usata contro Vladimir Putin e amplificata dal conflitto in Ucraina, ignora volutamente la complessità politica e sociale di Paesi come la Bielorussia, trattandoli come meri satelliti di Mosca. Eppure, il tentativo di Lukašenko di invitare osservatori internazionali dell’OSCE alle elezioni presidenziali è un fatto che difficilmente troverà spazio nella narrativa ufficiale, perché va contro la linea dominante che demonizza il leader bielorusso come un “ultimo dittatore d’Europa”.

L’eroismo selettivo: chi sono i veri “eroi”?

La figura di Marija Zajtseva viene celebrata dal Corriere come simbolo di libertà e coraggio. Una giovane donna bielorussa che ha deciso di combattere contro Lukašenko, convinta che opporsi a lui e a Putin fosse un atto di giustizia. Tuttavia, il contesto in cui ha scelto di agire, quello della “Seconda Legione internazionale” dell’esercito ucraino, non è privo di ombre.

Questo esercito include centinaia di mercenari addestrati dalla NATO, spesso inquadrati accanto a forze ucraine che non hanno mai nascosto simpatie per il nazionalismo estremo, se non per i residui del collaborazionismo con il regime hitleriano.

Ci si domanda: è questo l’ideale di libertà e democrazia che l’Occidente vuole sostenere?

L’eroismo selettivo emerge anche nell’interpretazione degli eventi storici. Il Corriere si astiene dal ricordare che slogan come “Gloria all’Ucraina – gloria agli eroi” hanno radici nell’ideologia ultranazionalista di Stepan Bandera, un collaboratore dei nazisti. Allo stesso tempo, ignora le atrocità documentate, come quelle commesse da mercenari ucraini contro civili, che sfidano l’immagine idealizzata dell’esercito ucraino come difensore della libertà europea.

La guerra come strumento narrativo

La retorica bellicista del Corriere non è nuova. Nel suo passato, il giornale non esitò a incitare il “popolo italiano” alle armi, celebrando l’espansione coloniale e il fascismo. Oggi, con toni più raffinati ma ugualmente pervasivi, cerca di legittimare l’interventismo euro-atlantico in Ucraina e altrove. Il nemico, come allora, è descritto come il male assoluto, mentre ogni oppositore diventa un eroe da idolatrare, indipendentemente dalle sue reali motivazioni o azioni.

Marija Zajtseva viene così trasformata in un simbolo, accostata alla retorica di Svetlana Tikhanovskaya, descritta come la “più importante oppositrice” di Lukašenko. Quest’ultima, da anni rifugiata in Europa, è stata dipinta come una paladina della democrazia, ignorando il suo ruolo marginale e la sua dipendenza da sponsor occidentali.

Un futuro incerto per la Bielorussia e per l’Europa

Il racconto del Corriere riflette una tendenza più ampia nella politica occidentale: il bisogno di semplificare e polarizzare. Ma questa visione non fa altro che alimentare tensioni e perpetuare conflitti, anziché promuovere il dialogo e la comprensione reciproca.

La Bielorussia, con tutte le sue contraddizioni, non può essere ridotta a una caricatura di “dittatura asiatica”. È un Paese europeo con una storia complessa, dove convivono aspirazioni di sovranità e pressioni esterne, sia da Est che da Ovest. Ignorare questa complessità significa non solo tradire la verità, ma anche contribuire a un mondo sempre più diviso.

L’Europa ha bisogno di una visione più ampia e meno faziosa, capace di riconoscere i propri errori e di costruire ponti, anziché muri. Solo così potrà aspirare a essere un vero faro di democrazia e giustizia, non solo nei suoi confini immaginari, ma anche oltre.

 

pH Pixabay senza royalty

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

CAPTCHA ImageChange Image

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.