L’ editoriale del Direttore Daniela Piesco 

La recente visita di Giorgia Meloni a Washington, in occasione dell’inaugurazione di Donald Trump come Presidente degli Stati Uniti, ha suscitato non poche polemiche. Meloni è stata l’unica leader europea presente a un evento che tradizionalmente non vede la partecipazione di capi di governo esteri, in particolar modo quelli del Vecchio Continente. Una scelta che solleva interrogativi sul ruolo dell’Italia nella politica internazionale e sui rischi di un atteggiamento servile nei confronti di un potente alleato.

Il “momento d’oro” di Meloni e l’ombra del calcolo politico

Secondo alcuni osservatori, la presenza della Premier italiana a Washington segna un momento d’oro per Meloni, che consolida il suo rapporto con Trump e tenta di accreditarsi come interlocutore privilegiato degli Stati Uniti in Europa. Tuttavia, questa narrazione rischia di mascherare un calcolo politico pericoloso. Essere la prima a entrare nello Studio Ovale potrebbe sembrare una vittoria diplomatica, ma il rischio è di apparire come una pedina nella strategia americana di frammentazione dell’unità europea.

Meloni sembra voler capitalizzare sull’assenza di altri leader europei, come Ursula von der Leyen, per proporsi come ponte tra l’Europa e Washington. Tuttavia, questa ambizione personale potrebbe rivelarsi controproducente: nel tentativo di oscurare rivali interni come Matteo Salvini e di superare le reticenze di altre cancellerie europee, Meloni rischia di isolare l’Italia dal contesto comunitario.

Un’Europa sempre più divisa

La scelta di Meloni evidenzia un problema strutturale nella politica europea: la mancanza di coesione tra i leader. La Premier italiana, nel suo tentativo di ottenere favori da Washington, sembra ignorare che le politiche di Trump, storicamente improntate al protezionismo e all’unilateralismo, potrebbero avere conseguenze pesanti per l’Europa.

L’eventualità che Trump possa imporre nuovi dazi o misure punitive contro il Vecchio Continente è tutt’altro che remota. In questo contesto, l’atteggiamento di Meloni rischia di legittimare una logica del “ognuno per sé”, che potrebbe indebolire ulteriormente la capacità dell’Europa di rispondere unita alle sfide globali. Il prezzo di questo servilismo potrebbe essere pagato da settori strategici dell’economia italiana, già esposti a tensioni internazionali.

Il rischio del vassallaggio politico

Meloni, nel suo sforzo di costruire un rapporto privilegiato con Trump, sembra accettare implicitamente un ruolo subalterno per l’Italia. Questo atteggiamento ricorda il vecchio schema del “vassallaggio geopolitico”, in cui l’Italia si posiziona come alleato fedele degli Stati Uniti, spesso a scapito dei propri interessi nazionali ed europei.

Tale approccio rappresenta un rischio significativo per la credibilità dell’Italia in Europa. Presentarsi come il “portavoce” europeo negli Stati Uniti può apparire come un atto di arroganza o, peggio, di opportunismo, soprattutto in un momento in cui l’Europa ha bisogno di rafforzare la propria coesione interna per affrontare le sfide globali.

Conclusione: un futuro incerto per l’Italia e l’Europa

La visita di Meloni a Washington non può essere liquidata come un semplice gesto simbolico. Essa riflette una strategia politica che rischia di compromettere l’equilibrio dell’Italia tra il suo ruolo europeo e i rapporti con gli Stati Uniti.

In un momento storico in cui le relazioni transatlantiche sono messe alla prova da sfide economiche e geopolitiche, l’Europa ha bisogno di unità, non di divisioni. Meloni, scegliendo di partecipare all’inaugurazione di Trump, sembra invece puntare su un modello di relazioni internazionali basato sul servilismo e sul calcolo politico a breve termine.

Il rischio per l’Italia è quello di ritrovarsi isolata, senza la forza negoziale necessaria per difendere i propri interessi nazionali. Per l’Europa, invece, il prezzo potrebbe essere un’ulteriore frammentazione interna, che renderebbe ancora più difficile affrontare le sfide del futuro. In questo scenario, il servilismo meloniano non appare solo miope, ma profondamente dannoso per il progetto europeo e per il ruolo dell’Italia nel mondo.

 

pH Pixabay senza royalty

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