L’ editoriale del Direttore Daniela Piesco

Dario Franceschini, ex ministro del Partito Democratico (PD), torna a far parlare di sé con una proposta che sembra voler riportare il partito alle radici della politica italiana: la desistenza nei collegi uninominali. In un’intervista su Repubblica, Franceschini ha lanciato un’idea che, seppur pragmatica, solleva interrogativi profondi sul futuro del PD e dell’intera opposizione. La sua proposta? Unire le forze dell’opposizione, non attraverso accordi programmatici complessi, ma con una semplice intesa sui collegi uninominali, per evitare che la destra, pur minoranza nel Paese, continui a conquistare larghe maggioranze parlamentari grazie alla frammentazione del campo avversario.

Franceschini, con il suo tipico realismo, sembra voler riprendere una vecchia strategia: marciare divisi, ma colpire uniti. Un approccio che ricorda i tempi dell’Ulivo, ma che oggi si scontra con una realtà politica profondamente cambiata. Il PD non è più il partito egemone del centrosinistra, e l’opposizione è composta da forze eterogenee: dal Movimento 5 Stelle alla Sinistra italiana, passando per il centro moderato. Trovare un accordo programmatico tra queste realtà appare quasi impossibile, ma Franceschini suggerisce di lasciare da parte le discussioni inconcludenti e concentrarsi sull’obiettivo comune: battere la destra.

Il pragmatismo di Franceschini: una strategia vincente?

La proposta dell’ex ministro è indubbiamente pragmatica. In un sistema elettorale che premia l’unità, la frammentazione dell’opposizione rischia di regalare alla destra un vantaggio insormontabile. Franceschini propone di tornare a ragionare in termini di proporzionale, dividendo i compiti tra sinistra e centro per recuperare il vasto mondo dell’astensione e impedire che la destra faccia il pieno nei collegi uninominali, come avvenuto nel 2022.

Tuttavia, questo pragmatismo non è privo di rischi. Se da un lato potrebbe garantire risultati immediati, dall’altro rischia di apparire come un mero tecnicismo politico, privo di una visione di lungo periodo. Franceschini sembra voler evitare di affrontare il nodo cruciale: la ridefinizione dell’identità del PD. Il partito, infatti, è da tempo in bilico tra la sua vocazione maggioritaria e la necessità di ritrovare un’anima di sinistra.

La svolta di Schlein e il futuro del PD

La proposta di Franceschini sembra dare implicitamente sostegno alla linea di Elly Schlein, segretaria del PD, che punta a ricollocare il partito a sinistra, superando le tentazioni moderatiste emerse di recente nelle correnti riformiste di Del Rio e Gentiloni. Tuttavia, per fare ciò, non basta un accordo tecnico sui collegi uninominali. Serve un nuovo programma fondamentale, costruito con la partecipazione attiva degli iscritti e dei simpatizzanti.

Franceschini, pur senza dichiararlo esplicitamente, sembra suggerire che il PD debba tornare a fare politica in modo più inclusivo e partecipativo. Un congresso programmatico, non finalizzato all’elezione della segretaria, ma alla definizione di idee e proposte, potrebbe essere la chiave per ridare slancio al partito. Discussioni su mozioni diverse, votazioni sui grandi temi politici e un confronto aperto potrebbero riportare i circoli a riempirsi di compagni e amici, ridando vita a un partito che sembra aver smarrito la sua strada.

Il rischio del troppo pragmatismo

C’è però un avvertimento che emerge dalle parole di Franceschini: il pragmatismo, se portato all’estremo, rischia di svuotare la politica di significato. Le buone intenzioni, se ridotte a mere strategie elettorali, rischiano di essere percepite come un gioco interno ai gruppi dirigenti, lontano dalle esigenze reali dei cittadini.

Franceschini ha ragione nel sottolineare l’urgenza di un’unità tattica dell’opposizione, ma questa non può prescindere da una ridefinizione chiara dell’identità del PD. Senza una visione chiara e condivisa, il rischio è che la proposta dell’ex ministro resti un esercizio di tecnica politica, incapace di dare vita a una svolta vera e duratura.

Conclusioni

La proposta di Franceschini è un segnale importante: il PD non può più permettersi di navigare a vista. Serve un nuovo corso, che sappia coniugare pragmatismo elettorale e visione politica. La strada indicata dall’ex ministro è quella di un’opposizione unita, ma per essere credibile, questa unità deve poggiare su un progetto politico solido e condiviso.

Il PD ha davanti a sé una sfida cruciale: ritrovare la sua anima di sinistra senza rinunciare alla vocazione maggioritaria. Solo così potrà tornare a essere un punto di riferimento per milioni di italiani e impedire che la destra continui a dominare la scena politica. Franceschini ha lanciato la palla, ora tocca al partito raccoglierla e trasformarla in un progetto vincente.

 

pH iStock senza royalty

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

CAPTCHA ImageChange Image

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.