La recensione del direttore Daniela Piesco 

In un’epoca in cui la memoria storica sembra sempre più fragile e la profondità culturale rischia di dissolversi nel flusso incessante dell’informazione digitale, l’autobiografia di Corrado Augias emerge come una preziosa testimonianza del secolo scorso e una riflessione sulla formazione intellettuale come processo continuo.

Il titolo stesso, “La vita s’impara”, racchiude una verità fondamentale che attraversa l’intera narrazione: l’esistenza come percorso di apprendimento perpetuo. Augias, giunto alla soglia dei novant’anni, ci offre non solo il racconto della sua vita personale, ma una vera e propria lezione su come la curiosità intellettuale e l’impegno civile possano plasmare un’esistenza significativa.

Il percorso biografico dell’autore si intreccia con momenti cruciali della storia italiana: dall’infanzia in Libia coloniale alla drammatica occupazione tedesca di Roma, dal boom economico alla rivoluzione culturale portata da “la Repubblica”, fino alla trasformazione del panorama mediatico italiano. Particolarmente significativa è la sua esperienza in collegio cattolico, narrata con la prospettiva di chi oggi si dichiara ateo – un elemento che evidenzia come le contraddizioni e le evoluzioni personali siano parte integrante del processo di crescita.

Ciò che rende quest’opera particolarmente rilevante per il presente è la sua dimensione formativa. Il “pantheon” culturale di Augias, che spazia da Lucrezio a Beethoven, da Spinoza a Leopardi, ci ricorda l’importanza di una formazione culturale ampia e stratificata, in un’epoca in cui la specializzazione estrema rischia di frammentare la conoscenza.

La transizione dell’autore attraverso diversi media – dalla carta stampata alla televisione, fino ai più recenti programmi culturali – offre uno spaccato dell’evoluzione della comunicazione in Italia, particolarmente pertinente in un momento storico in cui il ruolo dell’intellettuale pubblico è in profonda trasformazione.

Il libro assume particolare rilevanza nel contesto attuale, dove l’immediatezza della comunicazione digitale spesso sacrifica la profondità dell’analisi. La testimonianza di Augias ci ricorda l’importanza del tempo lento della riflessione, della stratificazione culturale e del dialogo tra diverse discipline nella formazione di una coscienza civile matura.

L’opera si distingue anche per la sua struttura narrativa che intreccia memoria personale e riflessione culturale, creando un tessuto ricco di rimandi e collegamenti. Questo approccio risulta particolarmente prezioso in un’epoca in cui la tendenza alla semplificazione rischia di appiattire la complessità del reale.

“La vita s’impara” non è solo un’autobiografia, ma un invito a considerare l’esistenza come un percorso di continua scoperta e apprendimento, dove la curiosità intellettuale diventa strumento di resistenza contro l’impoverimento culturale. In questo senso, il libro di Augias si configura come un importante promemoria dell’importanza della cultura umanistica nella formazione di cittadini consapevoli, capaci di navigare la complessità del presente mantenendo saldo il legame con la tradizione culturale.

La testimonianza di Augias ci ricorda che la vera eredità culturale non consiste tanto nell’accumulo di nozioni, quanto nella capacità di mantenere viva quella curiosità intellettuale che permette di continuare ad “imparare la vita” fino all’ultimo dei nostri giorni.

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