Negli ultimi tempi il confronto tra il governo di Giorgia Meloni e la Magistratura nostrana ha assunto toni sempre più accesi, mettendo in evidenza delle tensioni ben stagionate. Il braccio di ferro si colloca in un contesto politico caratterizzato da sfide importanti riguardanti riforme significative che toccano l’indipendenza e la responsabilità del sistema giudiziario italiano.
Il clima di tensione ha poi raggiunto temperature roventi tanto che alcuni dei nostri governanti hanno riportato diverse ustioni per il caso Almasri, il trasferimento degli immigrati in Albania con biglietto di solo ritorno per l’Italia e, invece di crema lenitiva, sulle scottature è arrivato olio bollente versato tramite la denuncia di un cittadino del Sud Sudan, una delle tante vittime di abusi del generale libico rimpatriato con volo in prima classe.
E, tra atto dovuto o atto voluto – questione ancora al centro dei dibattiti nei salotti televisivi, anello del potere da custodire con l’aiuto della compagnia di Frodo – a mo’ di parafrasi del discorso di Arianna Meloni – Io rifletto: “La legalità ha ancora un suo valore intrinseco? Qual è il ruolo del giudice nel nostro sistema giudiziario?” Se la memoria non mi inganna la legalità rappresenta uno dei pilastri fondamentali su cui si fonda qualsiasi società democratica. Nel nostro Paese la legalità è garantita e tutelata dal sistema giudiziario, al cui vertice si colloca guarda caso il giudice. Una figura professionale che, nello svolgimento della sua delicata attività, è tenuto a operare nel pieno rispetto delle norme vigenti e dei principi di imparzialità, equità e giustizia.
La legalità, in parole più semplici, si traspone nella necessità che tutti i provvedimenti giudiziari siano basati su disposizioni normative chiare e definite al fine di evitare ogni forma di arbitrio. Inoltre, l’articolo 104 della nostra Costituzione recita in forma intelligibile che la Magistratura è un organo autonomo e indipendente da ogni altro potere, dunque, ne stabilisce l’indipendenza. I Padri costituenti non hanno tralasciato di statuire il principio secondo cui “la giustizia è amministrata in nome del popolo” – art. 101 – accentuando l’importanza del ruolo del giudice come rappresentante dell’intera comunità.
Nello svolgimento del suo ruolo il giudice si trova ad affrontare sfide quotidiane, il diritto è una disciplina complessa, a cui si aggiungono le normative nazionali e internazionali con un assortimento che non ha eguali, e poi ci vogliamo mettere pure la pressione mediatica e dell’opinione pubblica? Questi elementi potrebbero influenzare in modo significativo l’operato del giudice? Sotto la lente dell’umana coscienza è possibile.
Allora? Ebbene, è fondamentale che i giudici mantengano un elevato livello di integrità e indipendenza, resistendo a qualsiasi forma di pressione esterna che potrebbe pregiudicare la loro imparzialità.
E come ha dichiarato Benjamin Franklin “Là dove non c’è giustizia, non c’è libertà.”
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