L’ editoriale del Direttore Daniela Piesco
La proposta di reintrodurre l’immunità parlamentare non è solo un attacco alla Costituzione – è il primo passo verso la costruzione di un regime autocratico mascherato da democrazia. Dobbiamo chiamare le cose con il loro nome: questo tentativo rappresenta una strategia deliberata per creare una casta intoccabile che potrà governare senza dover rispondere delle proprie azioni alla giustizia.
Le conseguenze sarebbero catastrofiche. Immaginiamo uno scenario in cui un parlamentare o un ministro possa liberamente commettere reati, appropriarsi di denaro pubblico, stringere accordi con la criminalità organizzata, senza che la magistratura possa nemmeno avviare un’indagine. È questo il futuro che vogliamo per il nostro Paese?
La storia ci insegna che quando una classe politica si pone al di sopra della legge, il passo successivo è invariabilmente la limitazione delle libertà dei cittadini. Se oggi si vuole impedire alla magistratura di indagare sui politici, domani si potrebbe arrivare a limitare la libertà di stampa per evitare che vengano pubblicate notizie “scomode”, o a restringere il diritto di manifestare contro gli abusi di potere.
Il messaggio che questa proposta invia ai cittadini è inquietante: esistono due categorie di persone, i governanti che possono agire nell’impunità e i governati che devono sottostare alla legge. È la negazione stessa dei principi democratici, un ritorno a forme di privilegio feudale che pensavamo di aver superato per sempre.
Particolarmente preoccupante è il timing di questa proposta. In un momento storico in cui diverse democrazie nel mondo mostrano preoccupanti segni di arretramento, con l’emergere di tendenze autoritarie mascherate da populismo, una simile iniziativa appare come un tassello di un disegno più ampio di erosione delle istituzioni democratiche.
L’esperienza di altri Paesi dimostra che il declino democratico raramente avviene attraverso colpi di stato plateali, ma più spesso attraverso una serie di piccoli passi apparentemente “tecnici” che, insieme, creano le condizioni per la trasformazione autoritaria del sistema. L’immunità parlamentare potrebbe essere proprio uno di questi passi.
I cittadini devono comprendere che non si tratta di una questione astratta o lontana dalla loro vita quotidiana. Quando chi detiene il potere diventa immune dalla legge, sono i diritti di tutti a essere in pericolo. La corruzione si diffonde, le risorse pubbliche vengono dilapidate, i servizi essenziali si deteriorano, mentre una ristretta élite accumula privilegi e ricchezze.
È necessaria una mobilitazione immediata della società civile. Non possiamo permettere che la nostra democrazia venga svuotata dall’interno attraverso riforme che ne minano le fondamenta. Le associazioni, i movimenti, i singoli cittadini devono far sentire la propria voce prima che sia troppo tardi.
La posta in gioco è altissima: non si tratta solo di difendere un principio giuridico, ma di proteggere la libertà di tutti noi e delle generazioni future. Una democrazia in cui i potenti sono al di sopra della legge non è più una democrazia, è l’anticamera di un regime autoritario. E una volta imboccata questa strada, tornare indietro diventa sempre più difficile.
È tempo di alzare la voce. È tempo di difendere la nostra democrazia
L’Immunità parlamentare è un attentato alla Costituzione e alla democrazia.
La recente proposta di reintrodurre l’immunità parlamentare rappresenta uno dei più preoccupanti attacchi all’architettura costituzionale italiana dai tempi della Prima Repubblica. Il tentativo di ripristinare uno scudo che impedirebbe le indagini su parlamentari e membri del governo non è solo un anacronistico ritorno al passato, ma costituisce una minaccia diretta ai principi fondamentali del nostro ordinamento democratico.
La storia,come detto, ci ha già mostrato gli effetti devastanti di una classe politica che si considera al di sopra della legge. Non è un caso che l’abolizione dell’immunità parlamentare nel 1993 sia stata una delle conquiste più significative di quella stagione di rinnovamento democratico che ha seguito Tangentopoli. Cancellare quella riforma significherebbe rinnegare le lezioni apprese a caro prezzo dalla nostra Repubblica.
Dal punto di vista costituzionale, la proposta si pone in aperto contrasto con l’articolo 3 della Costituzione, che sancisce l’uguaglianza di tutti i cittadini davanti alla legge. Creare una categoria di persone immune dalle indagini della magistratura equivarrebbe a istituire una casta privilegiata, in palese violazione di questo principio cardine della nostra democrazia.
Ancora più grave è l’attacco all’indipendenza della magistratura e alla separazione dei poteri. Impedire ai magistrati di indagare sui possibili reati commessi dai politici significherebbe di fatto subordinare il potere giudiziario a quello politico, alterando quegli equilibri costituzionali che sono alla base dello Stato di diritto. Una deriva autoritaria mascherata da riforma istituzionale.
Le conseguenze sulla fiducia dei cittadini nelle istituzioni sarebbero devastanti. In un’epoca in cui il distacco tra classe politica e società civile ha raggiunto livelli allarmanti, comunicare ai cittadini che i loro rappresentanti possono agire nell’impunità minerebbe definitivamente la credibilità delle istituzioni democratiche.
Non si tratta solo di una questione giuridica, ma di un tema che investe il cuore stesso della nostra convivenza democratica. Una democrazia in cui chi detiene il potere può sottrarsi al controllo della legge non è più una vera democrazia, ma diventa l’anticamera di un sistema oligarchico in cui pochi privilegiati possono agire senza dover rendere conto delle proprie azioni.
È fondamentale che tutte le forze democratiche, al di là degli schieramenti politici, si oppongano con fermezza a questo tentativo di minare le basi dello Stato di diritto. La storia ci insegna che quando si inizia a erodere i principi fondamentali della Costituzione, si apre la strada a derive autoritarie difficilmente reversibili.
La legalità e l’uguaglianza davanti alla legge non sono principi negoziabili, ma pilastri irrinunciabili su cui si fonda la nostra Repubblica. Difenderli significa difendere la democrazia stessa.