La recensione del Direttore Daniela Piesco 

Il nuovo libro di Sergio Rizzo “Io so’ io” (Solferino, 2024) si presenta come un’indagine spietata sullo stato attuale della politica italiana, riprendendo il filo del suo celebre bestseller “La casta” del 2007. Il titolo, che riecheggia la famosa battuta del Marchese del Grillo, sintetizza efficacemente il tema centrale dell’opera: l’arroganza e l’autoreferenzialità della classe politica contemporanea.

L’autore dipinge un quadro desolante delle istituzioni italiane, evidenziando come, nonostante le promesse di rinnovamento e le riforme degli ultimi anni, persistano dinamiche preoccupanti. Particolarmente significativa è l’analisi della riduzione del numero dei parlamentari, che si è rivelata un’operazione puramente cosmetica: con il 36,5% di onorevoli in meno, i costi sono rimasti sostanzialmente invariati, con una spesa complessiva che sfiora il miliardo e mezzo di euro tra Camera e Senato.

Rizzo identifica diversi sintomi del deterioramento istituzionale: ministri con staff abnormi, conflitti d’interesse sistemici, e una tendenza sempre più marcata a considerare le critiche come attacchi alla “maestà” del potere. Il Parlamento stesso, secondo l’analisi dell’autore, ha subito una metamorfosi che lo ha allontanato dal suo ruolo costituzionale, trasformandosi in un mero organo di ratifica delle decisioni governative.

Un aspetto particolarmente allarmante emerge nell’analisi del rapporto tra politica e società civile. L’astensionismo crescente viene interpretato non come semplice disaffezione, ma come conseguenza diretta di un sistema che ha tradito le aspettative di rinnovamento. I partiti, ridotti a “macchine di potere e clientela”, perpetuano logiche che privilegiano l’appartenenza al clan rispetto al merito e alla competenza.

Il testo evidenzia anche un paradosso significativo: mentre la società richiede sempre maggiore trasparenza e responsabilità, la classe politica sembra muoversi nella direzione opposta, consolidando privilegi e resistendo a ogni tentativo di riforma sostanziale. La persistenza di pratiche discutibili, come l’obbligo non scritto per i parlamentari di devolvere parte dei fondi per i collaboratori ai partiti, rivela un sistema che fatica a liberarsi da dinamiche obsolete e dannose.

L’opera di Rizzo si configura quindi non solo come una denuncia, ma come un monito sulla direzione preoccupante presa dalla democrazia italiana, dove il distacco tra rappresentanti e rappresentati sembra raggiungere livelli critici, minando le fondamenta stesse del patto sociale su cui si basa la Repubblica.

Democrazia sotto pressione: le derive autoritarie in Italia ed Europa

L’analisi di Rizzo si inserisce in un contesto europeo dove i segnali di erosione democratica sono sempre più evidenti. Il suo nuovo libro “Io so’ io” coglie alcune tendenze preoccupanti che accomunano l’Italia ad altri paesi europei, dove si assiste a un progressivo scivolamento verso forme di “democrazia illiberale”.

Un elemento particolarmente significativo è il crescente attacco all’indipendenza della magistratura e dei media. In Italia, come sottolinea Rizzo, si manifesta attraverso la tendenza a considerare le critiche come “reato di lesa maestà”, un atteggiamento che ricorda pericolosamente le derive autoritarie già viste in paesi come Ungheria e Polonia, dove il controllo governativo sui media e sul sistema giudiziario ha fortemente compromesso gli equilibri democratici.

La crisi delle istituzioni parlamentari, descritta nel libro, riflette un fenomeno più ampio di concentrazione del potere nell’esecutivo, tendenza che si osserva in diversi paesi europei. Il Parlamento italiano, ridotto a camera di ratifica delle decisioni governative, rappresenta un esempio di questo indebolimento degli organi rappresentativi, fenomeno che mina uno dei pilastri fondamentali della democrazia: la separazione dei poteri.

Particolarmente allarmante è l’emergere di quello che Rizzo definisce “venature nostalgiche di un passato che mette in dubbio le stesse radici della nostra Carta”. Questo richiamo al passato autoritario non è un fenomeno esclusivamente italiano, ma si inserisce in una più ampia ondata di populismo nazionalista che attraversa l’Europa, caratterizzata da una retorica che mette in discussione i valori fondamentali della democrazia liberale.

Il deterioramento della qualità del dibattito pubblico, con la delegittimazione sistematica degli avversari politici e delle istituzioni di garanzia, rappresenta un altro elemento di preoccupazione. La trasformazione della dialettica politica in uno scontro tra “amici e nemici”, tipica dei regimi autoritari, sta gradualmente sostituendo il confronto democratico basato su argomenti e proposte.

La combinazione di questi elementi – indebolimento del Parlamento, attacco all’indipendenza di magistratura e media, nostalgie autoritarie e deterioramento del dibattito pubblico – delinea un quadro preoccupante che va oltre le criticità della classe politica italiana descritte da Rizzo, suggerendo una più ampia crisi del modello democratico europeo.

La sfida per il futuro, come emerge implicitamente dall’analisi di Rizzo, non è solo quella di riformare la classe politica, ma di difendere attivamente i principi democratici da tendenze autoritarie che, mascherandosi da soluzioni ai problemi della democrazia, rischiano di minarne le fondamenta.

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