Di Letizia Ceroni 

Credo che in ogni paese ci siano persone che vivono al di fuori dei parametri che fanno parte della normalità e per questo vengono considerate strane.
Al mio paese, uno di questi personaggi insoliti era un vecchietto soprannominato “Bisarich”, non so da dove venisse quel soprannome e il suo nome non l’ho mai saputo ma sicuramente un po’ “bizzarro” lo era.
Girava il paese e i dintorni spingendo una vecchia carrozzina da bambino fatta di lamiera, gli abiti che indossava gli venivano probabilmente donati e lui li portava fino a quando diventavano consunti: la giacca si sformava e le tasche pendevano, i pantaloni erano sdruciti e portava scarpe da tennis probabilmente per la loro comodità, anche quelle donate e sfruttate fino al disfacimento.
Aveva perennemente una sigaretta all’angolo della bocca, quando non poteva permettersi di acquistarne un pacchetto, raccoglieva i mozziconi, li accendeva e li lasciava consumare senza poterli togliere viste le minime dimensioni e, questa abitudine, gli procurò una lesione all’occhio causata dal costante salire del fumo: gli divenne opaco; forse era solo affetto da cataratta ma, come ho già detto, la fantasia della gente crea leggende metropolitane che possono anche avere un fondo di verità ma lasciano sempre il dubbio che possa essere una favola e la linea di demarcazione si assottiglia sempre di più col passare degli anni.
Portava un berretto per riparare la testa dal sole, vagava costantemente alla ricerca di ferri vecchi e cianfrusaglie gettate via, le raccoglieva, le metteva sulla carrozzina e poi le rivendeva per poche lire o per qualche sigaretta.
Viveva da solo in un locale di una vecchia cascina, a volte si occupava di lui una vicina, anche lei vecchia e sola.
Una volta, una banda di giovinastri irruppero a casa sua, cercando non so quale pacchetto di soldi nascosti perché gente pettegola aveva messo in giro la voce che la sua povertà fosse solo apparente, lo picchiarono e gli portarono via la misera pensione.
Raccontava a volte di quando era stato in Abissinia (nome dato all’ Etiopia nel periodo coloniale europeo) frammenti di ricordi lasciati dalla guerra.
Anche lui era un ricordo vagante, chissà cosa pensava durante l’eterno girovagare, chissà quali storie si raccontava da solo e dove correvano i suoi pensieri, se aveva dubbi e paure o se aveva smesso di averne; mi pongo sempre queste domande quando vedo persone come lui forse perché la mia mente è piena di domande senza risposta, mi chiedo come vivono il loro quotidiano non certo agiato, se lo vivono passivamente aspettando la logica fine dei loro giorni o se dubbi e ribellioni attraversino le loro menti……………ma chi di noi si prenderebbe la briga di fermarsi a leggere nei loro sguardi, chi di noi ha abbastanza tempo per parlare con loro, meglio ipotizzare tirando dritto per la nostra strada e creare così leggende e favole intorno alla loro non facile vita.
Non mi ricordo quando se ne andò, probabilmente non abitavo più in paese perché sicuramente me ne sarei ricordata e mi sarebbe dispiaciuto.
Chissà ora, quanti si ricorderanno di lui, forse chi lo ha conosciuto ed è ancora vivo per raccontarlo e la maggior parte solo se qualcuno ne parla.
Io lo ricorderò perché ho fatto un suo ritratto ed avrò un pensiero per lui ogni volta che lo guarderò.

pH : letizia Ceroni

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