L’illusione dell’ordine autoritario: riflessioni sulla libertà e la politica del cambiamento
Parlando di Giorgia Meloni e Donald Trump come figure politiche che, secondo alcuni, potrebbero portare “ordine e disciplina”, si fa riferimento a una visione che si appoggia su una logica di “restaurazione” di certe certezze, di una sorta di ritorno a un ordine che, a quanto pare, è percepito come perduto.
Il concetto di “ordine” evocato da alcune forze politiche, specialmente quelle di destra, non è altro che una risposta alla paura del caos, alla paura di un mondo che sta cambiando troppo velocemente, dove le certezze su cui molte persone si sono fondate, come il lavoro, la famiglia e la nazione, sembrano sfumare. Ma questo ordine proposto spesso è un ordine che svuota il significato più profondo della libertà, per sostituirlo con un controllo che tende a uniformare, a reprimere ogni voce di dissenso, a schiacciare le differenze e a limitare la possibilità di un pensiero critico.
Proporre la figura di Meloni o Trump come paladini di questa idea di ordine e disciplina equivale a legittimare la narrazione di un ritorno alla forza, al dominio della politica della paura.
Quando si afferma che “la libertà è imprescindibile”, è essenziale ricordare che la libertà non è semplicemente la possibilità di fare ciò che si vuole, ma la possibilità di pensare, di criticare, di esprimere opinioni diverse senza temere ritorsioni o intimidazioni. La libertà di critica è il fondamento della democrazia, ed è proprio questa libertà che le figure autoritarie, come quelle di Trump e Meloni, tendono a comprimere, creando un clima in cui il dissenso viene percepito come un nemico, non come una risorsa per la crescita e la riflessione sociale.
L’idea che sia meglio che queste figure siano al potere per un po’, potrebbe sembrare, per alcuni, un modo di mettere fine a quello che viene definito il “politicamente corretto”, una critica che si fa soprattutto a quella sinistra che da sempre ha cercato di tutelare diritti e uguaglianza. Ma, in realtà, questa posizione finisce per riflettere una visione della politica che è pericolosamente vicina al populismo, dove la promessa di risolvere ogni problema attraverso una gestione autoritaria dei conflitti è più allettante di quanto possa sembrare. Eppure, la realtà è che le politiche autoritarie non risolvono il malessere sociale: esso viene piuttosto acuito, e i cittadini si trovano privati della possibilità di essere liberi nel pensare, nel criticare e nel migliorare la società in cui vivono.
Nonostante questo, il punto di vista proposto, che si trova a volte anche nel pensiero di chi si definisce “di sinistra”, è sintomatico di un certo disorientamento che sta attraversando molti ambienti politici e sociali. La crisi della politica tradizionale, la distanza tra le istituzioni e i cittadini, e la sensazione che le politiche attuate non rispondano più alle reali necessità delle persone, alimentano la ricerca di soluzioni facili e immediate.
Tuttavia, non possiamo permetterci di confondere “ordine” e “disciplina” con repressione e silenziamento del pensiero critico. La democrazia è fatta di contrasto, di confronto, di divergenza. È proprio questo che ci rende più forti, più capaci di adattarci ai cambiamenti, di evolverci.
In questo contesto, la sinistra dovrebbe riprendersi il suo ruolo di difesa delle libertà individuali e collettive, senza cedere alla tentazione di semplificare la realtà politica e sociale. Il mondo ha bisogno di un ordine che sia frutto del dialogo, della partecipazione, della giustizia sociale. Non di un ordine imposto dall’alto, che riduce la libertà a un concetto vuoto e controllato. Il futuro non si costruisce con la paura del cambiamento, ma con il coraggio di affrontarlo insieme, attraverso l’ascolto, la comprensione reciproca e la lotta per un’uguaglianza autentica.
Quindi, non possiamo cadere nella trappola di pensare che la soluzione ai nostri problemi sia una risposta autoritaria, che riduce la politica a una lotta di potere, ma dobbiamo impegnarci a costruire una società che sia veramente giusta, dove la libertà non sia solo una parola, ma un diritto concretamente difeso per tutti, senza distinzioni. Solo così potremo davvero superare la crisi della politica e della società che oggi ci affligge.
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