Anche Benevento aderisce all’iniziativa che Luigino Bruni, economista, storico del pensiero economico e appassionato di letteratura e studi biblici, ha lanciato dalle pagine del quotidiano Avvenire per realizzare dal basso una mappatura dei Monti frumentari in Italia. Un esperimento, come lui stesso ha definito, di intelligenza collettiva volto a creare una “comunità patrimoniale” che si riappropri di un brano del proprio capitale culturale. Una vera e propria ricerca diffusa negli archivi parrocchiali, diocesani, di ordini religiosi e confraternite per disegnare una mappa di queste istituzioni dimenticate. Perché dal basso? Perché secondo il prof. Bruni non occorre essere specialisti, né storici. Chiunque può fare la sua parte, soprattutto chi abita nelle aree interne del Centro-Sud. Veloce ed entusiastica è stata la risposta della città che ha raccolto la sfida. Oggi il primo momento organizzativo che ha visto collegati online docenti dell’Università del Sannio, docenti di scuole superiori, ma anche cittadini comuni che hanno voluto aderire a questo esercizio di intelligenza collettiva perché si sentono espressione di una comunità, quella sannita, che ha creduto nella solidarietà e l’ha incarnata da secoli. Ma cosa erano i Monti frumentari?
“I monti frumentari – spiega il prof. Giuseppe Marotta dell’Unisannio, che ha partecipato al lavoro introduttivo di oggi – erano Enti Mutualistici, istituiti alla fine del XV secolo, con la finalità di distribuire ai contadini poveri il grano e l’orzo di cui avevano bisogno per la semina, con l’obbligo di restituzione con una piccola quantità aggiuntiva (una sorta di interesse simbolico). Il bisogno di semi nasceva dal fatto che le famiglie contadine povere, nel corso dell’anno, finivano per consumare l’intero raccolto di grano e orzo per il proprio sostentamento, senza riuscire a mettere da parte i semi necessari per avviare l’annata agraria successiva. Un fenomeno diffuso di povertà assoluta, anche alimentare. I monti frumentari, gestiti prevalentemente dalle parrocchie, nacquero, quindi, in risposta a un bisogno reale di sostentamento delle famiglie povere, ma anche con la finalità di sottrarle all’usura. Modelli che oggi avremmo definiti di “Economia Solidale e Inclusiva”.”
Il team di ricercatori è diventato subito operativo e intende estendere anche agli studenti questo invito alla ricerca per raccontare la storia di una comunità da sempre radicata su valori di cooperazione, di condivisione e di solidarietà. Valori oggi dimenticati o declassati da modelli sociali ed economici che inducono alla competizione in una logica individualista che tende ad annullare la dimensione sociale e relazionale della persona. Ben vengano allora le ricerche e le iniziative che aprono alla speranza e consentono alla nostra splendida terra di fiorire ancora.
