Sono sdraiato sul solito lembo di marciapiede, lo stesso identico dannato materasso color pece, il medesimo e maledetto angolo di città sopra cui poggio la mia bottiglia ormai vuota da giorni. Il freddo è pungente ed il profumo di legna arsa si mischia, quasi a lottare per dominare il territorio e le narici dei passanti, con l’oleoso odore di fritto che fuoriesce dal ristorante cinese dall’altra parte della via. Le luci, quell’ infernale susseguirsi di intermittenza di gocce di fuoco colorato penetrano dalle mie palpebre chiuse, impedendomi di gridare in faccia a Morfeo la mia solitudine.Quindi niente da fare! E’ impossibile anche solo riposare o meglio scappare e ripararsi in qualche sogno o incubo; insomma qualsiasi cosa pur di non vivere un attimo di più sveglio su questo piccolo e dannato lembo di asfalto dimenticato da… si da chi? Non ti nomino neppure, non ti darò questa soddisfazione, no! Tu mi hai dimenticato ed io… si… io dimmi cosa dovrei fare? Venerarti forse?
E pensare che le feste sono finite, ma queste luci non hanno intenzione di spegnerle. Cosa dovranno festeggiare poi? Quanti serpenti strisciano su questo gelido asfalto in questi giorni! Li sento scivolare con ventre a terra, sibilando le loro menzogne che come ombre seguono il loro padrone. Ogni uomo un inganno, ciascun passante è avvolto dalla pancia del serpente ed il veleno viene addolcito da qualche moneta data per finta carità. Sapessero i vostri mariti o le vostre mogli,dei vostri segreti, più o meno nascosti, dei vostri rancori e del finto amore che palesate. Siete li` a dispensare abbracci ed auguri a tutti e non pensate al male che fate ai vostri figli, ai vostri genitori, insomma ad ogni vostro simile. Sono sicuro che la serpe sibilando vi dà un senso di compiacimento in fondo. Ah… giusto! Il cattivo è sempre l’altro. L’essere spregevole è sempre quello più scuro, o quello più grasso ed a maggior ragione quello più magro. Colui che ruberà il vostro benessere é appena sbarcato da qualche carretta del mare, ed è pronto a mettere a repentaglio la vostra borghese ipocrisia.Il volto del riprovevole allo specchio è sempre diverso dalla propria immagine riflessa. Molto spesso è più sporca, come la mia… sento un accenno di sorriso nascere dall’angolo sinistro della mia bocca, ma sarà il freddo o la stanchezza, ma mi sembra anestetizzato. Sono immobile, completamente incapace di muovere alcun muscolo. Che strano, però sono vivo. Ne ho la certezza perché penso, innegabilmente in questo momento sto ragionando. E poi soprattutto queste maledette luci continuano imperterrite ad accendersi all’interno dei miei pensieri.
Da qualche minuto non sento le suole di nessuno calpestare l’asfalto a pochi passi da me, nessun tacco scalfisce la lucida strada e nemmeno la cadenza di qualche moderna scarpa di gomma sancisce il passaggio di qualche essere umano o serpente. Beh… tanto cosa importa, a chi interessa un invisibile come me. Tento di chiudermi nel mio cappotto e magari stringere meglio al collo la mia sciarpa di lana grigiastra. Tra l’altro è l’unico dono ricevuto da quando sono qui stabilmente in questo lembo di asfalto color pece. L’inverno stava consegnando il testimone alla primavera, nella continua ed eterna staffetta delle stagioni. Quella signora britannica prima di salire sull’autobus si avvicinò: ricordo il sorriso sotto quel naso un po’ troppo invadente per il piccolo volto. Mi appoggiò questa sciarpa, all’epoca era un misto di gradazioni di grigio tempestato da diversi puntini gialli, oramai ha il colore dello smog. La appoggiò vicino ai miei piedi, quasi non avesse il coraggio di avvicinare la sua mano alla mia, la fece cadere mi salutò salendo sul mezzo acceso a poche decine di metri da me.
D’un tratto sento il freddo piu’ persistente ma paradossalmente piu’ dolce. Di colpo ho la certezza di non poter muovere più le mani o i piedi e non riesco piu nemmeno a sentire il fastidio della barba congelata. Guardo me stesso e mi vedo come non mi ero mai visto, un rivolo di saliva scende buffamente dal lato della mia bocca ed il bianco spento degli occhi non rimane completamente coperto dalle palpebre fisse.
Per la prima volta dopo tanti anni mi sento libero. Non quella libertà dettata
dall’ubriachezza e nemmeno quella che esplode in me quando strafottente mi mischio col mio maleodore in mezzo ad un gruppetto di persone altezzose. Mi sono sempre chiesto da dove nasce il sentimento di onnipotenza, quell’atteggiamento che sono sicuro alberghi in quei classici individui pieni solo della propria posizione, i quali pensano che una cravatta o un abito elegante dia loro il diritto di volare piu’ in alto di te. Invece guarda, anzi guardate! Volo sopra le vostre teste! Volo e nessuno mi comanda, non vi è alcun individuo che mi squadra o che si sente infastidito dalla mia presenza.
Che strano… non sento quel retrogusto di alcool salire dallo stomaco e bruciare violentemente la mia trachea. A dire il vero non ho sete… è vero non ho sete, non ho sonno ne fame, non respiro, non deglutisco, io… io non sono.
Finito quell’attimo di incomprensibile entusiasmo, analizzo i fatti e tutta questa assenza di sensazione del freddo o odore alcuno, unita alla paura di non avere un corpo, inizia a terrorizzarmi. Potrei essere una nuvola, un pensiero, un alito di vento. L’euforia piano piano lascia spazio allo sgomento, alla paura, anzi al terrore. Inizio a vagare senza muovermi, non sento la fatica, non ho il fiatone che mi accompagna ultimamente nei miei passi. Vorrei fare, vorrei dire, ma bocca o tantomeno mani non ho più. Le scarpe slacciate sono li, indossate da quei piedi immobili da quel me stesso steso laggiù.
Un Sogno… si un sogno… anzi un incubo. Adesso mi sveglio e questo schifo di mondo girerà attorno al mio lembo di vita color pece. Tornerò l’invisibile di sempre, ma le mani mi toccherò, il freddo entrerà violento nei miei polmoni e la nebbia seguiterà a rendere umidicci i miei soliti stracci.
Ma non mi sveglio, non cambia nulla, non mi sento, ma mi sento. Non respiro, ma vedo l’aria attorno a me. Vedo senza occhi, penso senza testa.
Allora poggio la mia attenzione senza sguardo e senza pupille, ma vedo, eccome se vedo! Le persone che mi passano accanto tutti i giorni, proprio quelle per cui sono invisibile iniziano a fermarsi. La prima che si avvicina è la signora del negozio di souvenir e cianfrusaglie strane. Vedo la sua coda di capelli intrecciati scendere giù fino a metà della schiena, con l’immancabile elastico color rosso vivo che spicca su quegli infiniti fili oramai colorati d’argento. Poi il pizzaiolo con la sua t-shirt bianca, il grembiule rosso ed il cappello leggermente storto sul capo.
In poco tempo si crea un piccolo gruppo di persone, ognuno ha una considerazione che crede sia giusto esprimere.
Scendo un poco, non so come e non so in che modo, ma pian piano mi avvicino e sento le loro parole.
<<Poveretto! Che vita che ha fatto…>>
<<Si, ma corre voce che ne ha fatte di cotte e di crude…>>
Cosa avrò mai fatto ? Cosa avrei mai fatto di così brutto vecchia acida? Se solo sapessi, se solo immaginassi la solitudine che ho patito! Una porta, due porte, tre porte, infinite porte chiuse in faccia. Cosa ne sai tu! Cosa ne sai delle lacrime che hanno anticipato i miei passi.
<<Non so nemmeno come si chiamava…>>
Chiamava! Chiamava? Io sono qui, voglio svegliarmi, adesso basta! Dove ho la bocca? Voglio urlare! Voglio gridare!
<<Pensa, nei prossimi giorni qualcuno pregherà, accompagnandolo nell’aldilà con un ultimo saluto. Io parteciperei con assoluto senso di pietà, ma oggi è la sera dell 11 Gennaio 2025 e domani per me ripartirà il solito tran tran. Se penso che dovro’ ricedere i miei colleghi… Non sa i problemi sul lavoro…>>
<<Problemi, problemi! Ma come fa a parlare di lavoro con un cadavere a terra?>>
Cadavere! Ma io sono qui! Io sono… io non so più cosa sono, ma io vi sento! Io vi vedo!
<<Non faccia l’ipocrita! Siamo passati tutti per anni di fianco a questo straccione e nessuno di noi e lei per primo oserei dire, si è mai preoccupato di lui in vita. Adesso cosa volete fare? Piangere? Ipocriti!>>
<<Magari è proprio quello che avrebbe voluto lui. Sai, se fosse morto anche solo qualche giorno fa il suo ultimo viaggio sarebbe stato accompagnato da qualcuno. Invece evidentemente la sua volontà sarebbe stata quella di andare via da qui, come in fin dei conti è venuto ed ha vissuto… da solo.>>
No, non è così. Non è così e credetemi! Io se avessi desiderato vivere da solo, mi sarei rifugiato in un bosco, in una capanna alle pendici di qualche colle o in qualche baracca sperduta in qualche insenatura di fronte al mare. Invece no, io avevo, ho bisogno dell’ odore di fritto che fuoriesce dal tuo ristorante, amico cinese. Ho bisogno di sentire i tuoi passi, ragazza con il tuo modo di camminare scomposto e frenetico quando scendi la mattina sbattendo alle spalle il portone di legno. Ho bisogno di te, parroco che ogni mattina ti fermi e mi offri il caffè dal bicchiere di plastica fumante. Io ho bisogno di voi! Altrimenti non sarei vivo!
Dei lampeggianti blu si avvicinano, un ambulanza. Poco più tardi l’auto delle guardie. Vedo il mio corpo che viene inserito in una specie di involucro color argento.
<<Lo terremo qualche giorno in obitorio,poi se non dovessimo rintracciare alcun parente lo seppelliremo dopo una funzione di forma. Ma io sono qui! Io sono qui…>>
Vedo i mezzi pian piano scomparire nel buio della luce della notte, ed il mio angolo di pece è li. Il giornale sotto il whisky è ancora aperto alla pagina numero 10, il volto di quel famoso politico è ancora per metà coperto dalla base della bottiglia vuota e sulla pagina opposta vi è appoggiata la mia sciarpa grigiastra.
D’ un tratto il pezzo di marciapiede che mi ha visto piangere, ubriacarmi, bestemmiare e pregare si allontana.
Il resto non ha parole, non perchè io non riesca a trovarle, assolutamente no. I vocaboli non li trovo perché anche le lettere n u l l a stampate su di un foglio che nessuno leggerà, sono infinitamente esagerate per descrivere il vuoto di cui ho paura e che mi inquieta.
Il niente assoluto oltre la vita terrena, mi aspetta e mi angoscia.