Milano, 17 feb. (Adnkronos) – Nessun vero pentimento. Alessandro Impagnatiello condannato in primo grado all’ergastolo per l’omicidio della compagna Giulia Tramontano, di procurato aborto per la morte del figlio Thiago che portava in grembo e di occultamento di cadavere è un uomo che mostra “scarsa resipiscenza” per quanto commesso e che anche nel corso del processo ha tentato “in modo grossolano e contraddittorio di attenuare la propria responsabilità”. Lo scrivono i giudici di Milano nelle motivazioni della sentenza dello scorso 25 novembre in cui tratteggiano l’imputato come un “narcisista” e un abile giocatore di scacchi che – ben quasi sei mesi prima del delitto del 27 maggio 2023 avvenuto a Senago – premedita l’omicidio aggravato anche dalla crudeltà e dai futili motivi.
L’ex barman, l’uomo capace di tenere in piedi due relazioni parallele vede la sua vita andare in frantumi nel pomeriggio di quel 27 maggio quando le due si incontrano e comprende “che il castello di bugie con le quali aveva tenute entrambe le donne in scacco sulla fantomatica scacchiera narrata ai consulenti e ai periti era crollato”. Sa che è diventato “lo zimbello di tutti i colleghi” che una donna è perduta per sempre e che Giulia “sta per lasciarlo”. A dire della prima Corte d’assise presieduta dalla giudice Antonella Bertoja è questa “la svolta” che “lo ha determinato ad abbandonare il modus operandi subdolo, insidioso e prudente”e “ad imprimere una accelerazione ed una immediata e franca esecuzione del proposito criminoso maturato nel dicembre 2022 e mai abbandonato”. Così dal veleno per topi fatto ingerire di nascosto alla compagna passa alle coltellate mortali.
Appena Giulia Tramontano rientra a casa, Impagnatiello esegue l’agguato. Toglie il tappeto e copre il divano, aggredisce la compagna, la uccide con 37 coltellate, prende il cellulare di lei e risponde ai messaggi per non destare sospetti. A far saltare i piani è un imprevisto: nonostante i tentativi di bruciarla nella vasca da bagno “non spariva ‘come un fazzoletto’ come puerilmente l’imputato aveva pensato”. Da quel momento agisce “al di fuori del programma criminoso preordinato, in modo del tutto improvvisato, grossolano, rudimentale ed imprudente: in buona sostanza in modo diametralmente opposto a quello cauto, prudente e subdolo adottato nelle ore e soprattutto, nei mesi precedenti”. Avvolge il corpo della 29enne in sacchi per la spazzatura, la sposta più volte tra cantina e garage, tenta ancora di bruciare il corpo, va a casa della madre con il cadavere nel bagagliaio, poi la notte fra il 30 e il 31 maggio la abbandona a soli 800 metri da casa. In soli tre giorni il suo piano fallisce e per lui si aprono le porte del carcere di San Vittore.

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