Un vecchio libro, il preferito di mia mamma.L’autore era Guido da Verona (7 maggio 1881 – 5 aprile 1939) considerato scrittore di libri erotici che all’inizio del novecento erano considerati scandalosi ma oggi sarebbero libri da educande.
Il libro parla di un rapporto incestuoso tra fratelli.Lui, Arrigo del Ferrante (Rigo) , figlio maggiore, abbandonò la famiglia per sfuggire a un matrimonio riparatore e diventò un “viveur” frequentatore di salotti e case da gioco, e non disdegnava di farsi mantenere da qualche ricca signora bisognosa d’affetto, del resto, non era né ricco né rampollo di qualche famiglia altolocata.
Lei, Anna Laura del Ferrante (Loretta – Lora), figlia minore cresciuta in famiglia ma che, consapevole della sua bellezza, aveva un carattere ambizioso e la vita modesta non faceva per lei.
Arrigo, ogni tanto andava a spiare la famiglia ma senza mai entrare in casa fino ad una sera in cui bussò alla porta e si fermò a cenare.Loretta era cresciuta parecchio e già era entrata nelle mire di giovanotti di buona famiglia e di brutta reputazione. La visita del fratello che gli portò in dono un “collo di pizzo” la rese entusiasta.La sorella germana che però non aveva visto crescere accanto giorno per giorno.
Dunque si tratta di un testo erotico ma non nel modo che conosciamo oggi, le scene descritte non sono sicuramente esplicite come nella letteratura attuale.
La particolarità che mi ha colpito di questo scrittore è il modo di descrivere non solo le situazioni ma, in particolar modo, i personaggi e le ambientazioni, il modo di vestire, gli accessori di bellezza.
Si ha la sensazione di camminare per quelle strade, di vedere chiaramente i personaggi, di tornare indietro nel tempo.
Descrizione di Arrigo.
Era un uomo insolito. Pure stando fermo e taciturno, aveva un contrassegno della sua singolarità in ogni attitudine della persona.I capelli foltissimi, più che neri, d’una lucentezza quasi violacea, gli si spartivan disugualmente da un lato e da l’altro della fronte, formandogli sopra il pallore delle tempie due dissimili onde, invano appiattite dal pettine.
Le linee del suo volto eran ferme, precise, la bocca un po’ aspra quand’era chiusa e piena di soavità nel sorridere, gli occhi mutevoli come il colore di un’acqua sotto un variar di nubi, mettevano in quella fredda bellezza una imperfezione gradevole.
L’alta statura e lo strano contrasto fra l’accuratezza esteriore dell’abito, con quello che aveva in sé non ancora domato.
Descrizione di Loretta.
Era bellina, era tutta bellina, dalla punta del piede al ciuffo di capelli biondi che le sfuggiva su la fronte, rilucente come il grano.La sua carne dava quella sensazione di morbidezza e di freschezza che danno il velluto e le rose ; i suoi occhi, d’un color nero splendente parevano troppo grandi per il suo viso piccino.Indossava un abito ch’era un piccolo capolavoro di grazia e singolarità, d’un colore quasi biondo, quel colore che nel bicchiere ha talvolta il vin del Reno sotto la luce d’un paralume rosso e che pure han talvolta certe rose nell’aprirsi.
Portava un gran cappello di paglia, fiorito, con l’ala da un lato curva sull’orecchio e dall’altro ripiegata spavaldamente alla carabiniera ; portava un ombrellino intonato con il colore dell’abito.
Aveva un ciuffo di riccioli rimessi, dietro, su la nuca, e ciò le stava bene ; aveva raccolto il biondo peso de’ suoi capelli dal lato che le rimaneva scoperto per la rovesciatura dell’ala, così parevano più voluminosi ancora.Da quella seta e tra quei fiori la sua personcina un po’ frivola, piena di irrequietezza, piena d’armonie, usciva come una statuetta ben modellata che fosse appena ravvolta nella carta velina.
Come finisce la storia? Non sicuramente come finirebbe nel nostro tempo.
Ho visto la copertina della ristampa….. Meglio stendere un velo pietoso, non ha nulla della grazia di quel libro, sembra più l’immagine di una squallida storia del nuovo millennio.
Perché ricordare e nominare questo libro proprio in aria di mimose?
Perché credo che abbiamo perso qualcosa.
Emancipazione, femminismo, giuste rivendicazioni, lotte, manifestazioni, ed eravamo nel giusto ma, se ci si pensa, a quale traguardo siamo approdate? Forse abbiamo ottenuto più rispetto verso il nostro sesso? Se così fosse come si spiega la crescente violenza verso di noi? Abbiamo guadagnato una giornata dedicata dove ci viene donata una mimosa che il giorno dopo finisce nella spazzatura?
Forse dovremmo chiederci cosa abbiamo sacrificato per giungere ad una libertà deviata che maschera sempre e comunque una dipendenza da ciò che realmente siamo, perché puoi anche rifarti da capo a piedi ma per madre natura sarai sempre istintivamente una donna che fa ciò che fa per giocare all’eterno gioco della seduzione, dell’amore, della vanità che, guarda caso, sono sempre in rapporto alle tendenze ed esigenze della controparte. Possiamo consolarci del fatto che, se non altro, ora non ci sbattono più in manicomio solo perché non ci pieghiamo.
Abbiamo perso la grazia, la finezza, la leggerezza, quel pizzico di mistero, il fascino innato di ciò non si vede.
Ora non c’è nulla di nascosto, ora è tutto esplicito, tutto pronto all’uso, niente più gioco, niente più fascino, niente da scoprire e, di conseguenza, niente curiosità, appiattimento delle emozioni.
Certo, le donne di quell’epoca costrette a portare abbigliamenti che erano delle veri e propri strumenti di tortura , spesso erano costrette ad unioni non volute, ma in quale periodo della storia le donne sono state veramente libere? Nessuno pensi che solo per questo non siano state guerriere, che non ci siano state donne emancipate, le quali hanno dovuto faticare anche più delle donne di oggi per avere posizioni sociali e libertà di azione ma che, nonostante tutto, riuscivano a mantenere la sensualità e la grazia che è sempre stata la peculiarità del nostro essere donna.
Forse sarò antiquata ma adoro guardare le foto d’epoca e ritrovare in esse quella finezza e quella dolcezza che non abbiamo più.
Ph Letizia Ceroni