La recensione del Direttore Daniela Piesco 

Ci sono libri che raccontano una storia e libri che scavano nelle profondità dell’anima. Un dettaglio minore di Adania Shibli appartiene senza dubbio alla seconda categoria. Con una scrittura essenziale e chirurgica, la scrittrice palestinese costruisce un romanzo che è insieme un’indagine, una riflessione sulla memoria e un grido silenzioso di denuncia.

La storia si muove su due piani temporali apparentemente distinti, eppure legati da un filo invisibile: il passato del 1949, segnato dalla violenza di una guerra che ha stravolto il destino di un popolo, e il presente di una donna che si ostina a cercare verità nelle pieghe dimenticate della Storia. Due protagoniste femminili, separate dal tempo ma unite da una ferita profonda, incarnano la resistenza silenziosa contro un’occupazione che non è solo territoriale, ma anche esistenziale.

Il primo segmento del romanzo è quasi asettico, privo di sentimentalismi, e proprio per questo risulta ancora più agghiacciante. I soldati israeliani vengono ritratti come meccanismi di una macchina di morte, privi di individualità e coscienza. L’adolescente beduina che subisce la loro violenza non ha nome, non ha voce, viene ridotta a un corpo, a un “dettaglio minore” nel grande quadro della guerra. È questo l’orrore più grande: la disumanizzazione, l’oblio imposto, il silenzio che si fa colpevole complicità.

Nel secondo segmento, invece, il tono cambia. L’io narrante è una donna palestinese dei giorni nostri, fragile e determinata, ossessionata dalla scoperta di quella storia sepolta nella sabbia. La sua ricerca diventa un viaggio pericoloso, non solo nei documenti e nei ricordi, ma dentro la paura stessa. La paura di esistere in un luogo dove ogni movimento è controllato, dove la libertà è un miraggio e dove la verità rischia di essere soffocata prima ancora di emergere.

Shibli non cerca di commuovere con artifici retorici, non forza la narrazione con un sentimentalismo forzato. La sua prosa è tagliente, trattenuta, quasi claustrofobica. È proprio questa asciuttezza stilistica a rendere il libro ancora più potente. Le parole non urlano, ma colpiscono con la forza di un pugno allo stomaco.

Un dettaglio minore è un romanzo necessario. È un’opera che dimostra come la letteratura possa essere resistenza, memoria, e, soprattutto, uno spazio in cui la verità, per quanto scomoda, non può essere cancellata. Shibli ci consegna un racconto che brucia sotto la pelle, che non si lascia dimenticare, che ci costringe a guardare l’orrore senza voltare lo sguardo. E in un’epoca in cui la narrazione della storia è spesso distorta dal potere, un libro come questo diventa un atto di coraggio.

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