L’ editoriale del Direttore Daniela Piesco 

L’aria si fa pesante, carica di dubbi e interrogativi. La decisione della Cassazione di rinviare alla Corte Costituzionale la questione dell’abolizione del reato di abuso d’ufficio non è solo una notizia, ma un vero e proprio terremoto nel panorama giuridico italiano. Un terremoto che, lo ammettiamo con amarezza, era ampiamente previsto. Sin dal primo momento, l’abrogazione dell’articolo 323 del codice penale, avvenuta con la Legge 9 agosto 2024, n. 114, ha rivelato la sua natura ambigua e pericolosa.

Come abbiamo osato credere che eliminare una norma fondamentale potesse davvero risolvere i problemi della pubblica amministrazione? L’abrogazione è stata giustificata con l’argomento della “semplificazione”, ma è evidente che ha creato un vuoto normativo inaccettabile, una “zona franca” dove i comportamenti illeciti rischiano di proliferare indisturbati. La Cassazione ha sottolineato che questa scelta legislativa contrasta con gli obblighi internazionali assunti dall’Italia, in particolare con la Convenzione delle Nazioni Unite contro la corruzione di Merida del 2003, che richiede standard di protezione adeguati contro il malaffare nella pubblica amministrazione.

La sentenza n. 9442 della Corte di Cassazione ha messo in luce che l’abolizione dell’abuso d’ufficio non è stata accompagnata da misure compensative sufficienti, lasciando i cittadini privi di tutela penale contro condotte di favoritismo e conflitto d’interessi. Questo non solo mina la credibilità delle istituzioni ma erode anche la fiducia dei cittadini nella giustizia.

La Corte ha esaminato il caso di un assessore-medico accusato di abuso d’ufficio per non essersi astenuto dal votare su delibere favorevoli a una clinica privata per la quale lavorava. Con l’abrogazione dell’articolo 323, non era più possibile configurare il reato nel contesto in esame, evidenziando così l’assurdità della situazione creata dalla riforma.

Ora, la palla passa alla Corte Costituzionale. Auspichiamo che i giudici sapranno ascoltare la voce della ragione, del diritto e della coscienza civile. Confidiamo che sapranno ristabilire gli equilibri compromessi, riaffermando il principio fondamentale che nessuno, nemmeno chi detiene il potere, è al di sopra della legge.

È tempo di smetterla con le scorciatoie e le promesse illusorie. È tempo di affrontare con serietà e determinazione il problema della corruzione, investendo in prevenzione, controlli e sanzioni efficaci. È tempo di ricostruire un’Italia più giusta, onesta e trasparente, dove il bene comune sia davvero al centro dell’azione politica. Non possiamo permetterci di fallire. Il futuro del nostro Paese è nelle nostre mani.

pH Pixabay senza royalty

 

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