“Grazie di nuovo. Non lo dimenticherò”. Così Donald Trump a John Roberts, il presidente della Corte Suprema, in un momentaneo incontro nell’aula del Congresso subito dopo il discorso del 47esimo presidente alla Camera e al Senato. Le parole sono state accompagnate da una pacca sulla spalla del presidente al giudice, un gesto fuori dal normale verso il tradizionale rispetto ai magistrati, ma tutt’altro che atipico per Trump.
Difficile sapere precisamente perché Trump ha espresso la sua gratitudine ma molti analisti hanno ipotizzato che si trattasse dell’immunità presidenziale concessa dalla Corte Suprema nel mese di luglio del 2024 all’allora ex presidente e candidato repubblicano. Trump era infatti imputato di parecchi casi giudiziari e l’immunità della Corte Suprema ritardò i processi e alla fine con la sua rielezione furono messi da parte.
Se Trump ha dimostrato riconoscenza al potere giudiziario con le sue parole a Roberts lo stesso non si può dire recentemente dei suoi sostenitori poiché nel suo secondo mandato la magistratura è divenuta l’ultimo baluardo contro gli assalti alla legalità. La Camera e il Senato, con le maggioranze repubblicane, non stanno svolgendo il loro compito di contrappeso alle irregolarità di Elon Musk e del suo cosiddetto Dipartimento di Efficienza (Doge) che nelle ultime settimane ha fatto poco altro che licenziare dipendenti federali a destra e manca con la scusa di eliminare gli sprechi.
Le inevitabili denunce hanno ritardato e in alcuni casi costretto Musk e Trump a fare marcia indietro con le tipiche reazioni spropositate del presidente e del suo ultra ricco sostenitore. Infatti, è stato principalmente il padrone di Tesla, Starlink ed altre aziende a reagire con il suo solito stile. In un messaggio su X (già Twitter) Musk, ovviamente contrariato da ciò che vede come interferenza giudiziaria, ha postato usando anche lettere maiuscole che se “QUALUNQUE giudice può bloccare OGNI ordine presidenziale NON abbiamo più la democrazia, abbiamo TIRANNIA dei MAGISTRATI”.
Musk era arrabbiato perché infatti o non capisce il sistema americano dei tre rami del governo—il potere esecutivo, il potere legislativo e il potere giudiziario— o molto più probabilmente non gliene frega niente. Lui crede che la “motosega” consegnatagli da Trump dovrebbe tagliare dovunque vuole senza nessun ostacolo, senza considerare leggi, contratti, e il fatto che i fondi stanziati dalla legislatura devono essere usati secondo le leggi approvate. Senza considerare gli effetti che i tagli indiscriminati hanno sugli individui che li devono subire e vedono la loro vita messa sottosopra.
I giudici federali hanno usato ingiunzioni per frenare o sospendere almeno temporaneamente una serie di azioni di Trump e Musk. Includono l’assistenza della USAid a Paesi esteri, i diritti dei transgender, il diritto alla cittadinanza per nascita, il licenziamento arbitrario di licenziare dipendenti senza nessuna ragione, e i blocchi di spendere fondi stanziati dal Congresso. In alcuni casi l’amministrazione Trump non ha seguito le decisioni dei giudici come ci rivela la situazione del giudice John McConnell. Il giudice federale del Rhode Island aveva ordinato lo sblocco di fondi federali per 1000 miliardi stanziati dal Congresso, chiarendo che la legislatura controlla “il potere del portafoglio”. Quando l’amministrazione Trump non ha obbedito al suo ordine McConnell ha emesso un secondo ordine con dieci giorni di scadenza, minacciando i legali governativi che gli ordini giudiziari devono essere messi in atto “immediatamente”. Anche il giudice Amir Ali di Washington D. C. ha imposto una scadenza di 48 ore al rilascio di 1,5 miliardi di dollari promessi da USAid, bloccati dall’amministrazione Trump. Inoltre, il giudice William Alsup della California del Nord ha ordinato a una mezza dozzina di agenzie federali di ripristinare “immediatamente” gli impieghi di dipendenti temporanei licenziati il mese passato, etichettando i licenziamenti “una farsa”.
Musk e Trump però hanno poca volontà di obbedire gli ordini dei giudici e hanno dato indicazioni che li vedono come intralci al potere esecutivo. In questo quadro i giudici hanno poche carte da giocare. I magistrati possono fare ricorso ai US Marshals, il corpo di polizia federale incaricato della protezione dei magistrati ma anche di assicurare l’esecuzione delle sentenze. Il problema per i giudici è che gli US Marshals sono sotto il controllo del Dipartimento di giustizia, il cui capo è Matt Bondi, la procuratrice generale. Come si sa, la Bondi è stata nominata da Trump e confermata dal Senato recentemente. La Bondi è ovviamente grande sostenitrice di Trump ma dovrebbe agire in maniera indipendente dalle politiche partisan del suo capo. Cosa farà lei in questi casi? Obbedirà le decisioni dei giudici e il suo giuramento alla costituzione sapendo benissimo che Trump non esiterebbe a licenziarla e rimpiazzarla con un altro più accondiscendente?
Nel mese di febbraio Trump ha postato su X che “colui che salva il suo Paese non viola legge”, suggerendo che se lui si vede salvatore degli Usa potrebbe disobbedire anche i giudici. Fino adesso il 47esimo presidente non ha esplicitamente disobbedito la Corte Suprema che pende a destra (6-3), con tre togati nominati proprio da lui. Se Trump dovesse disobbedire la Corte Suprema si arriverebbe chiaramente a una crisi costituzionale. L’unica mossa sarebbe se i legislatori agirebbero per difendere la costituzione ma al momento i repubblicani sembrano essere troppo docili e non si crede che troverebbero il coraggio di dire no al loro capo.
=============
Domenico Maceri, PhD, è professore emerito all’Allan Hancock College, Santa Maria, California. Alcuni dei suoi articoli hanno vinto premi della National Association of Hispanic Publications.
pH creata con IA