“Era il 16 marzo del 1978 quando tremarono le vene e i polsi alla democrazia italiana: Aldo Moro fu rapito. Ero a Roma, avvertii Ciriaco De Mita. Furono ore, poi settimane drammatiche. L’enorme dimensione civile, collettiva della tragedia di cui eravamo consapevoli, in noi si mescolava al dolore intimo, per Aldo Moro, per la sua famiglia, per il martirio della sua scorta: con il maresciallo Leonardi avevo un rapporto personale”, lo scrive il sindaco di Benevento ed ex Guardasigilli Clemente Mastella nell’ anniversario del rapimento in via Fani, 47 anni fa.
“Dopo qualche mese, presentai una interrogazione parlamentare che – senza cedere a complottismi – sollecitava a conoscere se Cia e Kgb fossero stati parte di un disegno poi eseguito materialmente dalle Brigate Rosse. Usa e Urss avevano convergenti interessi geopolitici a che Moro fosse eliminato per annientare il compromesso DC e Pci
I comunisti al potere in un Paese occidentale erano fumo negli occhi per gli Usa: significava violare le sfere d’influenza di Yalta e aprire un varco pericoloso all’intangibilità dei blocchi e della Cortina di ferro. I sovietici a loro volta non gradivano che il comunismo occidentale raccogliesse un successo con l’emancipazione democratica, perché ciò significava sconfessare ciò che avevano fatto in Ungheria e Cecoslovacchia: il comunismo doveva viaggiare solo coi cingoli dei carri armati. Ogni volta che rilanciavo questa tesi, ricevevo strane visite nel mio appartamento romano. Ma come, diceva Moro, i doveri hanno preminenza morale sui diritti”.

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