“MORTE TRA LE STELLE”,
una raccolta di racconti dedicata al lato oscuro dei Segni dello Zodiaco…
Come un rullo compressore…
La gola: tutti i suoi problemi erano legati in un senso o nell’altro alla gola. Primo fra tutti: la voce.
Tony era un attore e la sua professione era recitare, con la conseguenza che dalla sua voce dipendeva la sua vita, in senso lato e anche in senso stretto, perché se non lavorava non mangiava.
E, guarda caso, il suo secondo problema, sempre legato alla gola, era proprio l’appetito. Tony, oltre ad essere un grande oratore, era anche un grande buongustaio, un artista della manducazione.
Lo chiamavano “il ruminante” e questo soprannome, tutto sommato, non gli dispiaceva perché in qualche modo gli calzava a meraviglia. Era l’aggettivo giusto per lui che ruminava di fatto, come un animale vegetariano, lento e con pazienza, ripetendo e ripetendo, con metodo e determinazione e con resistenza invidiabile, i suoi lunghissimi monologhi, nei camerini, sul palco, dietro le quinte, sia durante gli spettacoli che durante le prove.
La sua voce era armoniosa e profonda, ma andava sempre e comunque tenuta in allenamento.
Ruminava, oltre che con le parole, anche letteralmente perché, quando non recitava, la sua bocca era quasi sempre occupata a sgranocchiare, mangiucchiare, masticare, spizzicare.
La sua era una necessità di sopravvivenza, di gratificazione mentale e fisica, una vera gioia e quei chiletti di troppo, che malignamente gli criticavano i suoi colleghi, non lo turbavano affatto. Né lo infastidivano quelle continue frecciatine.
Tony ci scherzava su, ci faceva una battutina, e già se le era scrollate di dosso.
Lui era insensibile, inattaccabile sotto questo punto di vista. Quello che gli altri pensavano di lui gli era indifferente: da un orecchio gli entrava e dall’altro gli usciva, letteralmente.
Le sue abitudini e le sue esigenze erano sacre, inattaccabili, inalterabili.
Avevano innegabilmente ragione quando sostenevano che fosse un testardo: era vero, era proprio così.
Nessuno lo avrebbe smosso da una sua convinzione o da una sua presa di posizione.
E ultimamente, purtroppo, la vaga sensazione che la sua compagna non gli fosse fedele come lo era lui con lei stava appunto per divenire tale: una granitica, inamovibile presa di posizione.
Non ne era ancora certo. Era ancora solo una supposizione, alimentata, peraltro, dalle chiacchiere e dai pettegolezzi sussurrati tra i corridoi e dietro le quinte, alle sue spalle.
Naturalmente, chiacchiere e pettegolezzi gli scivolavano “apparentemente” addosso e quando proprio non poteva evitare di sentirli, ci scherzava su e ne alleggeriva in maniera ironica il peso con le sue solite e pronte battutine.
La sua impermeabilità emotiva avrebbe fatto invidia
anche ad un germano reale. Riusciva sempre a riemergere da quelle acque torbide e vischiose, più asciutto, più pulito e leggero che mai. Esternamente.
Dentro di lui, invece, accumulava, ammucchiava, riempiva le scansie delle sue dispense mentali d’ogni parola, d’ogni intonazione, d’ogni doppio senso, d’ogni allusione e, quando si trovava solo, le ritirava fuori, pezzetto pezzetto, e se le ruminava, se le masticava, se le ciancicava lentamente, lentamente, fino ad assimilarne la più piccola insignificante sfumatura.
Ci rifletteva e ci rifletteva su, con calma, a lungo, restando comunque immune dalle influenze esterne, ponderando, meditando, senza farsi prendere dall’ansia o
dalla rabbia, mantenendo saldi i piedi a terra e senza trarre conclusioni affrettate e scontate.
Forse era anche la sua mole, non scattante ed atletica ma lenta e possente ad imporglielo.
Cionondimeno, una volta giunto a conclusioni certe, non ci sarebbe stato ostacolo apparentemente inamovibile che non avrebbe spostato per raggiungere lo scopo. Una volta concluso il suo processo mentale e raggiunto un verdetto, nessuno, nessuno al mondo, avrebbe potuto fermare la sua ostinata determinazione, lenta ma devastante come un rullo compressore.
E perciò, forse anche per pigrizia e forse anche per il profondo e intimo coinvolgimento emotivo, stava prendendo tempo. Forse anche più del necessario, ma la sua natura gli imponeva di pensarci bene, di avere ancora pazienza, di raccogliere altri dati, altre informazioni, di essere cauto e prudente. Di non fermarsi davanti alle apparenze ma cercare la concretezza dei fatti.
Anche Myra, la sua compagna, lavorava a teatro. Era una costumista, stava quindi un po’ a contatto con tutti. Oltretutto era di carattere aperto, gioviale, disponibile. Per questo gli era piaciuta. Perché, nonostante Tony possedesse un calore non comune da offrire, i suoi approcci con l’altro sesso non erano poi così fantastici o raffinati da attrarre chiunque.
Lui era sostanzialmente un istintivo, un primitivo nell’appagamento dei desideri. Infatti, così come per la tavola, per la carriera, per il successo, per il denaro, anche riguardo al sesso il suo era un avido desiderio di gola, da saziare con passione ma senza tanti infiocchettamenti.
Lei, gioviale, positiva e disponibile, aveva apprezzato quel desiderio così genuino, quasi primordiale, e lo aveva contraccambiato. Per questo stavano bene insieme.
E siccome la componente più egocentrica e infantile del suo carattere tendeva alla conservazione del soddisfacimento dei sensi, al possesso e all’esclusività, Tony aveva bisogno di Myra per mantenere il suo equilibrio psichico e fisico. Di conseguenza aveva dato per scontato che lei fosse ormai di sua esclusiva proprietà.
Il solo dover supporre, o addirittura sospettare il contrario, aveva fatto entrare in tensione in lui una molla che non pensava neanche di avere, così trincerato com’era nella sua inemotività apparente.
Era geloso: doveva ammetterlo.
Almeno con se stesso.
Non sarebbe trapelato niente all’esterno, ovviamente, e lui avrebbe continuato a far rimbalzare via le allusioni e i pettegolezzi, ma dentro di sé sarebbe andato fino in fondo nell’analizzare la situazione.
Doveva essere assolutamente certo, sicuro, dei suoi sospetti, prima di fare alcunché.
Perciò, sempre ruminando, sgranocchiando e masticando, tra un monologo ed un altro, cominciò ad aggirarsi con fare indifferente ma con sempre più frequenza nei corridoi, nei camerini, negli angoli più bui e protetti dietro le quinte.
Lento, quasi invisibile, se non per la sua mole.
Pacato, ma sempre pronto ed agile alla battuta ad ogni eventuale incontro.
Fino a che fu certo. Lo vide con i suoi occhi e ne fu inesorabilmente certo.
La molla, tenuta sotto controllo dalla sua forza di volontà taurina, scattò e l’energia repressa, trattenuta per mesi e mesi da metodica pazienza e ferreo ragionamento, si scatenò e mise in moto un masso devastante.
Un rullo compressore assassino si mosse tramite il suo corpo e la sua mente.
Deciso, inesorabile, inarrestabile: in un istante fu alle loro gole.
Una mano stretta alla gola di ciascuno dei due e la loro morte fu rapida e simultanea. La sua forza in quel momento fu sovrumana.
Quanto tutto fu finito allentò la presa e lasciò il camerino, chiudendosi dietro la porta.
Nessuno si era accorto di nulla.
Uscì dal teatro: lento, pacato, meditabondo, un po’ sudato, sì.
Stava riflettendo. Stava ruminando un nuovo pensiero: ai suoi problemi di gola ora avrebbe dovuto aggiungere anche questi ultimi due.