La recensione del Direttore Daniela Piesco
Oggi mentre la politica insegue il mantra di Arthur Bloch secondo cui “se non li puoi convincere, confondili” e sembra svanire nell’indifferenza o implodere nei toni esasperati del populismo, Più uno di Ernesto Maria Ruffini è un piccolo, luminoso manifesto di rinascita civile. Non è solo un libro: è un invito gentile ma deciso a rimettere in circolo la forza delle parole comuni, dei gesti condivisi, dell’impegno quotidiano. Con un tono che unisce la pacatezza dell’intellettuale e la passione dell’uomo delle istituzioni, Ruffini ci ricorda che la democrazia è lenta per scelta, complessa per natura, e straordinariamente umana nella sua capacità di accogliere le differenze.
Il cuore pulsante del libro è la convinzione che la politica – quella vera, quella che migliora la vita delle persone – non sia appannaggio esclusivo di élite o partiti, ma debba ritrovare nella prima persona plurale la sua grammatica fondamentale: “più uno”, ogni giorno, significa non delegare tutto, ma sentirsi parte attiva di un progetto comune.
Ma c’è di più: Più uno è anche un richiamo forte a esercitare il governo, non il potere, a riscoprire il senso della politica come servizio, come costruzione quotidiana e non come dominio. Contro l’agonia della politica ridotta a spettacolo o a slogan, Ruffini propone il ritorno all’agone politico: quello spazio vitale di confronto, di differenze che si sfidano nel rispetto delle regole comuni, dove il conflitto diventa linfa della democrazia e non veleno per la convivenza.
Attraverso una narrazione che intreccia esperienze personali, riferimenti storici e riflessioni civiche, l’autore ci conduce in un percorso che somiglia a una riscoperta: quella della res publica come bene condiviso, come luogo da abitare, non da sfruttare. E lo fa con uno stile asciutto, diretto, mai retorico, che accarezza il lettore senza mai alzare la voce.
In un’epoca dove il “noi” è spesso sacrificato sull’altare dell’“io”, Più uno è una boccata d’aria fresca, un libro necessario. Non perché dia risposte facili, ma perché ci pone davanti a una domanda fondamentale: vogliamo davvero essere cittadini o preferiamo restare spettatori?
Ernesto Maria Ruffini ci offre una risposta coraggiosa e limpida: la politica è ancora il nostro spazio, se decidiamo di abitarlo. E il primo passo, piccolo ma decisivo, è proprio quel più uno. Da lì può cominciare un cambiamento autentico. Da lì può rinascere la fiducia.E soprattutto una nuova visione politica.