L’ editoriale del Direttore Daniela Piesco
Il 2 aprile 2025 sembra destinato a essere una data simbolica negli Stati Uniti, annunciata dal tycoon come un giorno di “liberazione” nazionale. Trump, infatti,nel suo inconfondibile stile, ha promesso di riprendersi quella ricchezza che, a suo dire, è stata sottratta agli americani dai “politici deboli, incompetenti e corrotti”. Una promessa roboante, ma che si intreccia con una delle crisi più curiose del momento: la carenza di uova negli Stati Uniti. E sì, parliamo proprio di uova, il simbolo per eccellenza della rinascita pasquale, ma anche di una crisi che rivela molto di più della politica e dell’identità americana.
Ora immaginate un uomo che si specchia, ma invece del proprio volto, vede la nuca. È un’immagine surreale e inquietante, uscita direttamente dalla mente geniale di René Magritte con il suo quadro “La Riproduzione vietata”. Quell’uomo pare essere Donald Trump, il quale, davanti allo specchio della realtà americana, si trova di fronte non alla grandezza promessa, ma alle contraddizioni delle sue stesse politiche.
E se pensate che questa sia solo una questione americana, attenzione: c’è un monito anche per i politici italiani che seguono pedissequamente il Presidente americano come se fosse un pastore di anime o meglio di galline.
Quando la frittata non riesce
Negli Stati Uniti, le uova non sono solo un alimento base, ma una tradizione, un’abitudine, quasi un diritto inalienabile. Ogni americano ne consuma in media 272 l’anno, un numero che schizza alle stelle durante la Pasqua, quando servono ben 210 milioni di uova. Ma quest’anno, gli scaffali sono spogli. Gli americani si trovano davanti a una scena mai vista, paragonabile ,per fare un esempio italiano, a un supermercato senza pasta.
E perché questa crisi? L’influenza aviaria ha decimato milioni di galline, ma non è tutto. Le politiche economiche e commerciali dell’amministrazione precedente, accusata dai repubblicani di incompetenza, hanno contribuito a far esplodere i prezzi. Un anno fa, un uovo costava 25 centesimi. Oggi, il prezzo è raddoppiato, e se vi piacciono le uova prodotte da galline allevate all’aperto, preparatevi a sborsare anche un dollaro per un singolo uovo.
Trump, che ha costruito gran parte della sua retorica sul nazionalismo economico, si trova ora in una posizione ironica: dopo aver alzato muri e dazi, deve “andare in giro per il mondo con il cappello in mano” a chiedere uova. Persino al Messico, il Paese che voleva tenere fuori con un muro, o all’Italia, terra di galline e uova d’oro.
Ed è qui che entra in gioco Magritte. Come nel celebre quadro, Trump guarda nello specchio della sua presidenza e non vede il volto trionfante di un’America “rifatta grande”, ma la nuca delle sue politiche protezionistiche. La sua promessa di indipendenza economica si è scontrata con la realtà di un mondo globalizzato, in cui il commercio non è un optional, ma una necessità.
Ecco servita la frittata, pardon , il paradosso: il nazionalismo economico, che dovrebbe rendere un Paese più forte e autosufficiente, lo ha reso invece più vulnerabile. La crisi delle uova, con il contrabbando dal Messico e l’appello disperato alle aziende italiane, ( in particolare a quelle venete)è la prova tangibile che nessuna nazione può prosperare isolandosi.
Ma non facciamoci illusioni: il paradosso dello specchio non riguarda solo Trump e l’America. Anche in Italia, i politici che seguono pedissequamente il modello americano dovrebbero fermarsi a riflettere sul rischio di rimanere intrappolati in una visione miope e autoreferenziale.
Le politiche protezionistiche e l’idea che si possa “fare da soli” in un mondo interconnesso sono tentazioni pericolose, soprattutto in un Paese come l’Italia, che vive di esportazioni e scambi internazionali. Seguendo l’esempio trumpiano, rischiamo di ritrovarci anche noi davanti a uno specchio che riflette non la prosperità, ma le crepe delle nostre scelte miopi.
E allora, cari politici italiani, prima di inneggiare a muri, dazi e slogan sovranisti, chiedetevi: vogliamo davvero vedere la nostra nuca allo specchio? O vogliamo guardare in faccia una realtà complessa, fatta di interconnessioni e compromessi, ma anche di opportunità?
La crisi delle uova in America ci offre una lezione importante: non possiamo sfuggire alla realtà del mondo globalizzato. “Rendere grande” una nazione non significa isolarla, ma integrarla in modo intelligente e strategico in un sistema globale.
Forse, invece di inseguire miti di autosufficienza, dovrebbe imparare che nessun Paese, neppure il più potente, può permettersi di isolarsi. Altrimenti, rischia di ritrovarsi davanti allo specchio senza riconoscersi.
E questa, forse, è la vera ” riproduzione vietata”della politica trumpiana.