L’ editoriale del Direttore Daniela Piesco
Domenica delle Palme: il giorno in cui, secondo la tradizione cristiana, Gesù entra a Gerusalemme tra rami di ulivo, osanna e l’annuncio di una settimana destinata a cambiare la storia dell’umanità. Un momento di riflessione, spiritualità, di pace interiore, potremmo dire. A meno che non siate il ministro Francesco Lollobrigida, per cui la liturgia è un’occasione d’oro per la moltiplicazione. Ma non dei pani e dei pesci. No, troppo banale. Lui preferisce moltiplicare il vino. Biblicamente parlando.
Sì, avete capito bene. Secondo il ministro dell’Agricoltura, Gesù avrebbe moltiplicato il vino. Non l’ha trasformato, non l’ha servito durante l’ultima cena, no: lo ha proprio moltiplicato, come i pani e i pesci. Una versione alternativa dei Vangeli, edizione Made in Governo Meloni, in cui le scritture si piegano al marketing agroalimentare e all’occorrenza diventano spot promozionali per il Chianti.
A dire il vero, qualcosa Gesù col vino l’ha fatto. Ma era acqua, prima. Cana di Galilea, ricorda qualcosa? Acqua nelle anfore, miracolo, ed ecco il vino. Fine. Nessuna moltiplicazione, nessuna vigna miracolosa. Ma per Lollobrigida, quel che conta è il messaggio: se Gesù lo ha moltiplicato (?), allora non può fare male. Logica ineccepibile, come dire che siccome l’acqua lava, non si può affogare.
Il problema però non è solo il lapsus biblico – che già basterebbe – ma il fatto che questa perla di teologia da bar è servita in un discorso volto a contrastare le “etichette shock” sul vino. Per il ministro, dire che il vino fa male equivale a insultare la cultura italiana, la nostra storia, la civiltà contadina. Ma non è forse vero che anche la sigaretta, un tempo, era cultura, eleganza, fascino? Eppure oggi campeggiano immagini di polmoni in decomposizione sui pacchetti. La tutela della salute pubblica, per qualcuno, è secondaria rispetto all’identità nazionale.
In questo governo, l’aneddoto di Lollobrigida non è un’eccezione, ma la regola. La narrazione si regge su miti distorti, simboli reinterpretati, logiche contorte. Meloni che cita Oriana Fallaci come fosse una Beatrice postmoderna, Sangiuliano che riporta in auge il pantheon del nazionalismo culturale,Giuli che si fa sostituire da Alberto Angela,Valditara che trasforma la scuola in un campo di rieducazione patriottica. Tutti pronti a riscrivere la storia, il Vangelo e magari anche le etichette alimentari, pur di adattare la realtà al racconto.
E così, mentre Lollobrigida trasforma Gesù in testimonial del vino italiano, ci dimentichiamo il vero senso della Domenica delle Palme. Non un aperitivo sulla via per Gerusalemme, ma un invito all’umiltà. Gesù non entra a cavallo di un Brunello di Montalcino, ma su un asino, accolto dalla gente comune, non dalle élite. Non è la celebrazione della potenza, ma del servizio. Non del prodotto nazionale, ma del messaggio universale.
Forse sarebbe il caso che qualcuno lo ricordasse al ministro. Magari con una bella etichetta ben visibile: “Attenzione: l’ignoranza nuoce gravemente alla Costituzione”. Ma anche al Vangelo.
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