Roma, 26 apr. (Adnkronos) – “Quando qualcuno inizia a lottare, deve scegliere tra due dolori. Uno è vedere le nostre giovani figlie molestate ogni giorno per strada… l’altro è parlare e accettare il rischio di essere arrestati. Io ho scelto la seconda opzione”. A raccontarlo, al Dubbio, è Nasrin Sotoudeh, avvocata iraniana per i diritti umani. Una resistenza che ha un prezzo e che, spiega al giornale, sia lei che la sua famiglia sono disposte a pagare. “La questione del velo obbligatorio, che oggi rappresenta un simbolo centrale della lotta delle donne in Iran, è davvero significativa – dice l’avvocata – Negli ultimi anni, in particolare nell’ultima decade, le donne hanno scelto di concentrarsi su questa battaglia, più che su altre leggi discriminatorie come quelle sull’eredità o il ‘prezzo del sangue’ (la compensazione finanziaria versata alla vittima o gli eredi di una vittima nei casi di omicidio o per lesioni personali, ndr)”.
“Dopo oltre tre decenni di lotte per riottenere i propri diritti – prosegue la Sotoudeh – le donne hanno capito che era necessario tornare al punto di partenza: il velo. È proprio lì che i loro corpi sono stati per la prima volta controllati dagli uomini, dai patriarchi al potere. Ogni giorno sono costrette a indossare qualcosa che definisce la loro identità pubblica, che è decisa da altri. Questo è il punto cruciale. La violazione dei diritti delle donne in Iran, infatti, è iniziata con l’imposizione del velo obbligatorio, che è stato il primo strumento di controllo sul corpo femminile, da cui sono poi derivate altre leggi altrettanto oppressive. Le donne, dunque, hanno scelto di iniziare da lì: respingere il velo come simbolo della negazione della libertà e del controllo maschile sui loro corpi. Questa lotta non riguarda solo il diritto di vestirsi come si desidera, ma è una battaglia per il controllo sulla propria vita e sulla propria identità”.
“In questo contesto – dice ancora – il movimento che ha preso piede dopo la morte di Mahsa Amini ha rappresentato un punto di svolta, non solo per le donne ma per tutta la società. È significativo che, in questa lotta, molti uomini e avvocati abbiano deciso di unirsi, onorando il loro giuramento e il loro impegno per la giustizia. Più di 170 avvocati sono stati perseguitati, incarcerati o multati per aver difeso le donne coinvolte nelle proteste contro il velo obbligatorio, dimostrando che questa battaglia per la libertà è davvero un impegno collettivo che coinvolge vari strati della società. Anche gli avvocati, che da sempre hanno avuto un ruolo chiave nella difesa dei diritti umani in Iran, sono in prima linea in questa battaglia. Hanno preso il rischio di difendere i diritti fondamentali delle persone, nonostante le pesanti repressioni. Questo ci dimostra che, nonostante le enormi difficoltà, la società sta supportando sempre più questo movimento di resistenza”.

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