Dalla tempesta perfetta frutto avvelenato della guerra per l’egemonia planetaria intrapresa dall’ultimo presidente/primo autocrate degli USA, Donald Trump, mai nome fu così onomatopeicamente evocativo, uscirà di certo un mondo diverso, forse irriconoscibile.
Irriconoscibile a quanti han vissuto la solidarietà post bellica, la ricostruzione europea, il miracolo italiano, la guerra fredda Est-Ovest, la ferocia sovietica, la nascita delle Comunità Europee, poi divenute Unione Europea e quindi l’integrazione internazionale e l’avvento della globalizzazione, l’esplosione della potenza economica della Cina, il tracollo dell’URSS ed anche la crisi della storica alleanza tra USA ed Europa. Quest’ultima la più difficile da spiegare ed ancor più da accettare. Nel turbolento vortice che promette di scardinare l’equilibrio stesso del pianeta, essa appare come la più gravida di conseguenze.
La simbiosi tra USA ed Europa difficilmente tornerà a disegnare la linea dell’orizzonte mondiale una volta che questo avrà ritrovato il suo assetto definitivo.
Essa non solo si è incrinata ma addirittura mostra evidenti rischi di dispersione entropica.
Il barometro geopolitico, economico e commerciale segna tempo brutto costante ed anzi tendente a burrasca.
Gli USA hanno reciso ogni legame, per quanto storicamente, oltre che culturalmente, consolidato.
La nuova proiezione della superpotenza americana in chiave autarchica, con pretese imperialiste ed esibizioni muscolari, non tollera alleanze. Essa vuole sudditanze fedeli, allineate e asservite al suo dominio economico e commerciale oltre che funzionali alla sua ambizione di egemonia mondiale.
Tutto ciò che è ai suoi confini entra nella sua vorace bulimia.
Il Canada e la Groenlandia sono avvertiti. E così Il piccolo Stato di Panama ed il grande e popoloso Messico. C’è pace solo per Cuba la cui povertà intrisa di orgoglio e dignità vetero comunista, priva di ricchezze significative, la tiene al riparo da tali voglie.
Ma nell’occhio della tempesta scatenata dalla messianica presidenza USA vi è la destabilizzazione del vecchio continente, la sua disintegrazione politica ed economica.
L’Europa è stata sin qui per il Nuovo Mondo ciò che la Grecia fu per Roma al tempo della sua massima espansione. Fonte di civiltà e di nobiltà destinata a colmarne il vuoto culturale, nobilitarne la potenza e vivificarne lo spirito.
Ma a differenza di Roma che fece sua la cultura greca, sviluppandola sino a trasformarla in civiltà universale, gli USA han sempre guardato con qualche diffidenza all’Europa ripudiandone, da ultimo, la stessa derivazione ovviamente per ragioni di mera supremazia economica e commerciale, anche se le derive razziste, di stampo suprematista, violente e lesive delle stesse libertà basilari che sin qui l’hanno tenuta legata al vecchio continente, sono evidenti.
Al tempo della guerra fredda con l’URSS, le logiche di difesa ideologica e addirittura ancestrale dell’Occidente democratico prevalevano sulle spinte entropiche. L’aggressività dell’imperialismo nucleare sovietico non nascondeva le sue mire sull’Europa e sul Mediterraneo.
Berlino e la Germania dell’Est a nord e la penisola balcanica a sud erano gli avamposti agguerriti e ben armati contro l’Europa mentre la piccola Cuba svolgeva il suo compito di spina nel fianco della potenza statunitense. La Cina era impegnata nella sua lunga marcia interna per impensierire ed il resto del mondo, Africa, Sud America e Sud-Est Asiatico, era lì in attesa di qualche briciola di sviluppo. L’Europa traboccava di basi americane e la NATO era il gendarme che serviva agli USA per controllare e spaventare l’URSS oltre che per dominare il mondo. L’Italia in questo scenario rappresentava la linea occidentale del fronte nella guerra non dichiarata Est-Ovest oltre che la base logistica per il controllo militare del Mediterraneo.
Fummo tutti felici il 09 novembre 1989 per il crollo del muro di Berlino. La fede democratica e la cultura umanistica e giuridica, eredi di Roma e della Grecia, sembravano aver totalmente pervaso il DNA americano e vinto la sfida con il totalitarismo sovietico. I suoi anticorpi libertari, culturali, letterari e poetici mettevano al riparo da ogni scivolamento violento ed autoritario.
Bob Dylan e Joan Baez erano la cartina di tornasole della più alta coscienza americana ed erano esattamente lo specchio dell’anima più pura europea. Per non parlare di Hemingway e di Kerouac, di Ginsberg e di Bukovski, di John Fante e del cinema …
E invece no. Con la caduta del muro di Berlino, crollarono anche le paure che negli USA spingevano all’unità dell’Occidente. I freni inibitori si allentarono fino a scomparire. Le derive imperialiste crebbero all’ombra di una democrazia che pensò di allentare le redini sulla propria economia appaltandola via via in maniera irreversibile a magnati che presto assunsero la natura di finanzieri e speculatori per trasformarsi in seguito in veri e propri oligarchi con le mani protese ad impadronirsi dello Stato.
Nella nuova Russia, archiviato, o meglio, abbattuto Gorbačëv, venne azzerato anche il suo tentativo di chiudere la deriva imperialista sovietica lasciando a popoli e nazioni la libertà e la responsabilità di auto determinarsi, modernizzando l’economia e la società russa, aprendola al mondo e soprattutto all’Occidente. Le forze più retrive della nuova Russia concentrate nel KGB che sponsorizzò Yeltsin in attesa di mettere le mani sul governo, ebbero buon gioco nel far passare la rivoluzione gentile di Gorbačëv e Raissa come una cedimento all’Occidente.
Chiamarono a sostegno il patriarca ortodosso ripudiando il vecchio ateismo di Stato a condizione che la chiesa fosse parte integrante del nuovo regime. Al popolo, che curioso e speranzoso guardava all’Occidente, imposero l’orgoglio slavista arroccato intorno alla visione integralista e fanatica di un ritrovato principe Myškin e gli servirono l’idea revanscista della grande Russia zarista senza zar contro un’Europa corrotta ed al limite del degrado morale identificato con la deriva democratica e libertaria. I controllori dei gangli vitali del vecchio regime si impadronirono delle risorse minerarie e petrolifere e si trasformarono quelli pure in oligarchi e pretoriani del nuovo regime e del suo capo a nome Putin ex colonnello del KGB e già tutore di Yeltsin.
Intanto l’Europa aveva finalmente ritrovato la strada per giungere alla sua unità politica oltre che economica. Si era data una moneta comune che prometteva di assidersi al vertice della finanza del mondo in diarchia con il dollaro e aveva avviato la riorganizzazione del suo sistema produttivo che prometteva quello pure di assurgere a protagonista dell’economia mondiale. La Cina dal canto suo, al riparo dai riflettori geopolitici, aveva compiuto la sua lunga marcia e si era proposta come nuovo soggetto mondiale, pacifico e commerciale questa volta, affermandosi come la fabbrica del mondo e liberando le sue ambizioni di protagonista tecnologica all’avanguardia. Ad essa l’Europa guardava come ad un punto fermo come aveva fatto con Gorbačëv prima della sua defenestrazione.
Insomma il mondo era cambiato da quel novembre del 1989 che aveva segnato la fine della guerra fredda e la caduta dell’URSS.
Non era più un mondo bipolare.
Non vi era più esclusivamente il sole americano che distribuiva luce e l’URSS che diffondeva tenebra.
La NATO prometteva di diventare anch’essa, come il dismesso patto di Varsavia, inutile e fuori tempo.
Nel nuovo mondo l’Europa aveva il suo posto. Un posto centrale, autonomo ed indipendente, capace di attrarre come un magnete.
Vi era la fiducia che la nuova Russia avrebbe vissuto in pace ed in osmosi anch’essa con l’Europa e la Cina avrebbe aperto nuove rotte ed allargato gli Orizzonti ad Oriente.
…
Le cose non sono andate così.
Il regime russo virò immediatamente verso la dittatura sviluppatasi di pari passo con il potere degli oligarchi la cui piramide di comando aveva la cuspide nel capo dello Stato che intanto si era liberato violentemente di ogni opposizione interna avviando ai confini un’azione di controllo se non di annessione delle repubbliche nate dal disfacimento dell’impero sovietico.
La Cina era cresciuta a dismisura minacciando la stessa egemonia americana.
Nel contempo la marginalizzazione dell’Europa, rea di guardare ad Est, procedeva speditamente sul versante americano.
Gli USA osservavano.
Forti e dimentichi che la loro egemonia nei nuovi settori dell’alta tecnologia, della comunicazione e dell’innovazione digitale e logistica, dell’esplorazione e della colonizzazione spaziale, era frutto ed espressione di una società aperta che aveva beneficiato della cooperazione internazionale e dell’apporto degli immigrati provenienti da ogni parte del mondo.
Il ruolo del dollaro di regolatore degli scambi internazionali garantiva l’afflusso di risorse necessarie a gestire il debito statale galoppante ed a compensare il crescente deficit commerciale verso tutti i partner mondiali a seguito della deindustrializzazione seguita alla delocalizzazione indotta dalla globalizzazione.
Le spese militari della Nato apparivano assolutamente inutili nel nuovo contesto oltre che oltremodo onerose.
Non vi era più lo spauracchio dell’URSS e se mai la questione riguardava il diretto confronto Russia-Europa.
Gli USA avevano un nuovo nemico, tutto commerciale questa volta ed era la Cina che ormai insidiava apertamente il suo primato mondiale.
In casa vi era l’effetto boomerang della globalizzazione da essi stessi voluta. La delocalizzazione e la deindustrializzazione facevano sentire i propri morsi feroci in termini di depauperamento industriale che sollecitava l’orgoglio nazionale e rifiutava i cambiamenti epocali non metabolizzati dagli strati profondi della popolazione che nelle fabbriche ancorava la propria idea di ricchezza e grandezza.
La innaturale saldatura delle frustrazioni profonde del popolo legato alla vecchia economia con gli interessi dei nuovi magnati, finanzieri ed oligarchi che controllavano l’alta tecnologia e le grandi imprese internazionali ormai assurte, per la dimensione oltre che per il ruolo, al rango di altrettanti stati nello Stato, hanno trasformato la stessa natura democratica degli USA, catapultandola verso un orizzonte revanscista ed autoritario identico a quello del vecchio nemico storico: la Russia.
Il fenomeno Trump nato nella prima decade del nuovo secolo era addirittura scontato in tale scenario.
I ritardi della classe dirigente liberal democratica nel comprendere l’involuzione del paese ed il convincimento acritico che il mondo non potesse fare a meno della cultura democratica e della civiltà dell’Occidente centrata sulla indiscutibile simbiosi tra America del Nord ed Europa, han fatto il resto.
Bisognerà attendere che gli anticorpi si risveglino dal loro prolungato torpore per capire cosa succederà negli USA e di conseguenza nel mondo.
Se la tempesta scatenata dal presidente magnate e dai suoi oligarchi potrà rientrare e se l’alleanza con l’autocrate che da vent’anni governa la Russia sarà effimera oppure diventerà strategica.
Al di là di quel che potrà accadere nel futuro più o meno immediato, prossimo, medio o lontano, gli effetti sull’Europa saranno pressoché irreversibili.
È un problema europeo rapportarsi con il mastodonte territoriale e nucleare russo che ambisce ad allargare i suoi confini demonizzando la cultura democratica e blandendo la deriva autoritaria ormai in rapida crescita anche nella vecchia Europa. A distanza di ottant’anni dalla tragedia nazi-fascista largamente dimenticata o addirittura rimossa dalla memoria collettiva.
E l’ombrello di una qualsiasi difesa sarà anch’esso un problema europeo, ammesso che i governi degli Stati membri vogliano ancora un’Europa Unita che magari veleggi finalmente verso l’approdo degli Stati Uniti d’Europa, come preconizzato dal Manifesto di Ventotene o non vogliano riprendersi la propria autonomia per correre in una direzione piuttosto che in un’altra in una diaspora disordinata verso il miglior approdo e le promesse tanto subdole quanto allettanti.
È fuori di ogni dubbio che l’interesse della nascente autocrazia americana e quello della consolidata autocrazia russa coincidano nel destabilizzare l’Europa per ridurla all’impotenza.
L’Europa è uno spauracchio per la Russia. Troppo potente il richiamo di essa ai suoi confini ed anche all’interno tra i suoi oppositori per restare indifferenti. Quindi destabilizzarla sostenendo i movimenti ed i governi in odor di revanscismo autoritario è un imperativo categorico, la conditio sine qua non per la definitiva restaurazione della Russia imperiale senza zar ma con un despota circondato da oligarchi che hanno tutte le intenzioni di sopravvivere oltre lo stesso capo.
Lo è anche per l’oligarchia di magnati, speculatori, finanzieri e padroni delle cosiddette big tech, al potere negli USA.
La capacità produttiva europea e le sue potenzialità tecnologiche sono tali da impensierire gli USA.
Se l’Europa dovesse decidere di presidiare i settori dell’alta tecnologia dichiarando una guerra fiscale alle stesse super aziende dell’innovazione digitale e tecnologica che oggi spadroneggiano sul suo territorio e nei suoi cieli e sviluppando una propria presenza in tali settori, le conseguenze non sarebbero da poco.
Inoltre l’alleanza economica con la Cina, sempre più evidente oltre che inevitabile, rende l’Europa un pericolo da disinnescare in ogni modo e con ogni mezzo ed infine la sua forza di penetrazione sul mercato mondiale e su quello Statunitense in particolare è tale da compromettere la reindustrializzazione americana sventolata in ossequio alle paure profonde di quanti hanno visto erodere i loro guadagni e la loro posizione.
Da qui la necessità di minare le fondamenta stesse dell’Europa e dal punto di vista economico e dal punto di vista politico. Anche per gli USA, come per la Russia, erodendo la democrazia europea attraverso guerre commerciali e smaccato sostegno a movimenti in odor di nazionalismo autoritario incoraggiati a delegittimare e sostituire i governi democratici.
La volontà di chiudere l’ombrello Nato a trazione USA risponde a questo obiettivo.
Le minacce di dazi generalizzati rispondono, a loro volta, all’obiettivo di incrinarne la forza di penetrazione commerciale mentre le lusinghe sono finalizzate a convincere le sue imprese a spostarsi negli USA allo scopo di destabilizzarla sul fronte produttivo.
La necessità indotta di riarmarsi porterà a distrarre l’Europa dagli obiettivi di spostare il suo modello competitivo verso i settori oggi dominati dagli oligarchi americani e comprometterà anche la sua visione multipolare dell’economia mondiale che prevede la cooperazione oltre che con gli USA, con la Cina, con l’India, il Brasile, l’Africa nel suo complesso in una visione multipolare del mondo.
Anche la volontà di perseguire accordi bilaterali in luogo dei normali ed istituzionalmente obbligati accordi europei va in questa direzione. Come va nella medesima direzione la costante pressione di minacce di occupazione militare di questo o quel paese o pezzo di paese riservate ad Europa e Canada.
La proposta di condizionare i dazi americani riservati all’Europa alla decisione di questa di schierarsi con gli USA nella guerra commerciale contro la Cina è pretestuosa. Peraltro gli stessi USA non porteranno a compimento tale prospettiva come dimostrato dalla decisione schizofrenica di sospendere o addirittura annullare i dazi con la Cina dopo averli sospesi per l’Eurooa.
Troppo forte la Cina e troppo esposto verso l’esterno, a cominciare dalla Cina stessa, il debito pubblico statunitense per farlo davvero. Ed è troppo vitale per l’Europa il rapporto con la Cina perché essa ci rinunci.
Dunque il vero obiettivo degli USA in questo momento è far implodere l’Europa esattamente come lo è per la Russia.
Insomma la volontà americana è eliminare l’Europa dalla competizione mondiale e dai suoi equilibri geopolitici.
Lanciare la partita a tre, senza Europa, per il controllo del mondo creando il cerbero a tre teste in vista della soluzione finale…
Auguri Europa.
A te la scelta e la decisione.
Non puoi più fare finta di nulla.
La tua sopravvivenza ed anche la sopravvivenza dell’idea di cultura, democrazia e libertà del mondo ereditata dalla Grecia e da Roma, dal Rinascimento e dall’Illuminismo, dalle rivoluzioni che rovesciarono il vecchio mondo e dalle lotte contro moderne le dittature nazifasciste dipendono da te.
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