Milano, 28 apr. (Adnkronos) – “Accusare di nazismo una reduce dai campi di sterminio integra di per sé il reato di diffamazione sia nei casi in cui tale epiteto viene esternato in modo apodittico e non argomentato, sia quando esso si accompagna a riferimenti che richiamano con spregevole ironia la vita nei lager”. Lo scrive il giudice di Milano Alberto Carboni nel provvedimento con cui si oppone all’archiviazione di decine di persone che, sui social, continuano a insultare la senatrice Liliana Segre.
“Espressioni simili non possono essere considerate forme di manifestazione di un pensiero critico che, per quanto discutibile, sarebbe comunque legittimo nel dibattito democratico. Esse costituiscono invece uno sfregio alla verità oggettiva e rappresentano la più infamante delle offese per la reputazione di chi ha speso la propria vita per testimoniare gli orrori del regime e per coltivare la memoria dell’olocausto” aggiunge nell’atto di circa 70 pagine con cui impone alla Procura di Milano nuove indagini.
“Il tragico vissuto personale della senatrice Segre e l’incidenza che l’ideologia nazista ha avuto nella sua esistenza sono circostanze che erano ben conosciute agli autori dei post, i quali hanno accostato il termine nazista alla sua immagine proprio in ragione della speciale carica offensiva che ne sarebbe derivata” aggiunge il giudice che chiosa ricordando come “il web non rappresenta un terreno franco dove ogni insulto è consentito e dove la reputazione degli individui può essere calpestata impunemente”.
