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Cultura e società

Discussa Bellucci
Discussa Bellucci

Annotazioni senza eufemismi sull’attrice e fascinosa star, icona di bellezza e charme

di Carlo Di Stanislao

Le belle persone si distinguono, non si mettono in mostra. Semplicemente, si vestono ed escono.

Chi può, le riconosce.

Cesare Pavese

 

“Monica Bellucci? Una gran bella gnocca, ma certo non una brava attrice”. Dopo aver litigato col direttore di Raiuno Fabrizio del Noce ed essere stato citato in giudizio dalla coppia Cattaneo-Ferilli, Luca Barbareschi aveva stilata la pagella della attrici italiane, bocciando sonoramente la Bellucci. “Vederla aprire il Festival del cinema a Roma è stato il segno di questo sistema Italia, non certo ‘il Paese della meritocrazia”, disse quasi 20 anni fa. Non mi piace Barbareschi, né attore ne’ tantomeno autore, ma stavolta sono costretto a condividerlo.

 

Nel lontano 2007 la Bellucci era stata madrina alla Festa del Cinema di Roma, manifestazione che costa tanto e non vale nulla e se sul tappeto rosso chiedevi ai protagonisti di questa Festa veltroniana cosa ne pensano del talento della madrina-star di quella prima edizione, capitava che inciampavano o rispondevano: «E’ una trappola?». Tutti prendevano tempo, cercando di scappare dalle forche caudine della questione. Prendeva del tempo e un aria seccata anche il presidente della Giuria Ettore Scola e poi decretava: «Lo hanno detto anche della Loren prima della Ciociara che non sapeva recitare». Un’alzata di spalle e via.

 

Meno sintetico e più accomodante lo sceneggiatore Enrico Vanzina: «Monica è una star e le star non sono mai le migliori attrici della loro generazione. Sono donne bellissime circondate da un alone di glamour mistero e fascino. E tanto basta». Forse è vero, ma allora che dire di Louise Brook, Greta Garbo, Marlene Dietrich, Marilyn Monroe, Claudia Cardinale e altre più recenti come, Sharon Stone e Charlize Theron? E se per sciogliere il gelo provocato dalla domanda leggevi la critica di Lietta Tornabuoni sull’interpretazione della Bellucci in Le Concile de Pierre di Guillaume Nicloux («Per un solo film, due attrici che non sanno fare è un record: se non è brava Monica Bellucci tutta vestita e coi capelli corti, Catherine Deneuve nella solita parte di psicoanalista è imbranata come quando era ragazza») scoprivi che l’imbarazzo diventava pietra. Non meno duro Gianni Boncompagni: «La Bellucci? Una bella ragazza ma niente di più».

 

Oltre a Vanzina autore di cinepanettoni, in molti sciorinano la teoria della diva che non ha bisogno di essere brava come Eleonora Duse. Marco Giusti è tra questi: «È talmente bella che chi se ne frega. E a differenza del 90% delle attrici italiane non puzza di sfiga non ha l’aria sofferente, nevrotica». E poi il solito accostamento con la Loren: «Neanche Sofia Loren era una grande attrice. E neanche la Lollo. A renderle grandi sono stati i registi e i partner con cui hanno lavorato. Pensate a cosa sarebbe stata oggi la Bellucci con accanto Mastroianni…». Povero Marco e povera eredità di Fofi e Ghezzi, con uno che ora straparla su Dagospia di un governo contro il cinema e ignora che è proprio il nostro cinema contro se stesso.

 

Torniamo alla Bellucci. Lei è stata madrina a Cannes per ben due volte, l’ultima nel 2022, ma nemmeno Tornatore è riuscito a farla recitare e Malena è il suo film più brutto. Quanto al parallelismo Bellucci-Loren la seconda lo gradisce poco ed afferma: «Non ho visto molti film della Bellucci. Soprattutto delle partecipazioni televisive, delle interviste. Ma questo non mi ha spinto ad interessarmi agli sviluppi delle sua carriera, alle sue caratteristiche d’attrice, al genere di film che predilige. Sarebbe ingiusto dare un giudizio su di lei. So che è una bella ragazza». Insomma sulla bellezza nessun dubbio, sulle capacità nessuno si sbilancia, neanche il produttore Fulvio Lucisano: «Non direi che non sa recitare, a volte le sue scelte non sono eccezionali…».

 

E neanche un’altra produttrice Tilde Corsi che segue un analogo ragionamento: «La bravura delle attrici dipende molto da come vengono dirette». Ma la diplomazia non esiste nei forum dei cinefili in rete. Provate a cliccare su «Google» il nome dell’attrice, magari specificate la ricerca con «sa recitare + non sa recitare» e vi si aprirà un mondo. Pagine e pagine. Su «forum kataweb» la star di Città di Castello viene paragonata a un bello delle soap tv: «Gabriel Garko è un po’ meglio di Monica Bellucci che tra le belle attrici è la meno portata alla recitazione».

 

Tra i frequentatori di forumfilmup.leonardo.it c’è chi è d’accordo con la tesi già espressa dai vip del tappeto rosso: «Beh, la parola diva già implica una non necessaria abilità recitativa, le dive erano belle quasi da venerare, ma molte volte, solo delle belle statue, vedi Kim Novak e Lana Turner e anche lei è un suggerimento per gli appassionati del genere «cinofilo» (nel senso recitazione da cani)”. L’opinione su www.film.tv.it è lapidaria: «La Bellucci non sa recitare e cerca di ripiegare sulla sua incombente figura di matrona…». Impietoso sarebbe proseguire. E allora per riequilibrare ecco l’ammirazione di Gianni Morandi confessata al settimanale Oggi: «Ho avuto così tanto che ho perfino vergogna. Ecco, azzardo: se proprio devo esprimere un desiderio… mi manca una notte di passione con Monica Bellucci. La trovo meravigliosa». E lei, la star che si è autoironicamente prestata a un duetto con la sua imitatrice, su Radiodue di Fiorello, non sembra interessarsi tanto al dibattito. Sa di essere una diva ma per quanto riguarda il talento ha detto: «Devo ringraziare i registi che mi fanno lavorare tanto: anche un somaro imparerebbe». Onesta ma, onestamente, non ha imparato.

 

Ora il suo attuale amore Tim Burton gli regala un cammeo e, miracoli dell’amore, in un film brutto lei è brava.

Un’altra critica su di lei è che si atteggia a dame très chic francese, mentre dovrebbe, come pretende l’andazzo provinciale italiano, comportarsi come un’italiana di Città di Castello, una donna bella ma come ce ne sono tante, mediterranea, mora, carnale, proveniente da un centro percepito come non particolarmente importante. Questo è il livello del ragionamento. Ma sono passati decenni, Monica Bellucci è di fatto (nell’impatto sull’immaginario collettivo, nella capacità di essere iconica, e perfino nel coraggio di mettersi in totale discussione al cinema) una diva. Una star. Lo è certamente nella moda. Anni di ingaggi da capogiro, di gare ad averla in foto (ritratta da maestri come Avedon ed Helmut Newton), la trentennale collaborazione con Dolce & Gabbana e il suo volto e fascino come testimonial di molti dei più celebri marchi di moda e cosmetica.

 

Dei suoi amori si è molto parlato: il matrimonio lampo ad appena 20 anni col fotografo Claudio Carlos Basso, poi la relazione con l’attore Nicola Farron, quindi il chiacchieratissimo amore e i 14 anni di nozze con l’attore francese Vincent Cassel, padre delle due sue bellissime figlie. Ora nel suo cuore c’è uno dei personaggi più bizzarri e geniali del mondo del cinema, Tim Burton, tornato al grande successo al botteghino dopo anni con Beetlejuice Beetlejuice, sequel del film che lo rivelò agli spettatori 30 anni fa e che il 30 settembre, per il suo compleanno, la ritrae su Vogue come una dark lady delle fiabe, una regina della notte, allo stesso tempo strega e fata, scrivendole a tutta pagina sulle foto bellissime Buon compleanno, cara Monica, con amore: Tim. Poco prima era stato Jean Baptiste Mondino, genio della grafica, del video e della fotografia, a celebrarne tutto il fascino, sdraiandola tra la frutta voluttuosa sulle pagine di Numero Magazine.

 

Va riconosciuto che grande è stata la decisione di accettare Irreversible, del regista estremo Gaspar Noé, con quella durissima e terribile scena di stupro. Poi Terry Gilliam, Muccino, due dei tre film della trilogia di Matrix, 007 Spectre, Sanguepazzo di Giordana (dove è davvero brava), Lelouch, Virzì. E David Lynch che fa carte false per averla come entità da sogno che suggerisce indizi per accedere ad altri mondi. Come il canto di una sirena, che ha vinto tutte le resistenze. Ecco bisognerebbe inquadrarla e non farla recitare, come ne Il patto dei lupi (Le Pacte des loups), il film del 2001 diretto da Christophe Gans, ispirato alla vicenda storica della Bestia del Gévaudan. Perché lei è divina e lo è a anche a 60 anni e le dee non debbono parlare: basta la presenza.

 

Ph : Wikipedia

La caduta di una maschera
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La battaglia di Lepanto
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C’era una volta…
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Ambiente

L’uva, il profumo di ottobre ed il colore dell’autunno
L’uva, il profumo di ottobre ed il colore dell’autunno

Ottobre ci porta con i suoi splendidi colori anche il profumo del mosto e l’appiccicaticcio dell’uva.

Nell’immaginario collettivo si ritorna alla routine quotidiana dopo le vacanze estive. Le credenze si affollano di conserve mentre i frigoriferi si riempiono di uva di vari colori e sapori. L’uva , simbolo e regina dell’abbondanza , nutriente e rinfrescante.

Fino alla metà del XIX° non c’era differenza tra uva da tavola e uva da vino.

Nel 1887 il governo italiano, proprio per valorizzare e legalizzare la specificità dell’uva italica mise dei paletti e specificò la produzione dell’uva da tavola e l’uva da vino nella “Nuova rassegna di viticoltura della Regia Scuola di Conegliano”, vista anche la concorrenza straniera, dove veniva auspicato che “concorsi banditi dal Ministero dell’agricoltura, per l’uva da tavola, facciano conoscere cosa possediamo e le nostre potenzialità”.

Nel nostro paese, fra i primi nel mondo, dopo l’unità d’Italia si cominciano a distinguere le uve da vino rispetto a quelle da mensa. Ma è dall’antichità che l’uva viene rappresentata come status symbol. Nelle civiltà egizie e greche i grappoli di uva vengono usate come corone per ninfe, dei ed eroi , soprattutto nella mitologia greca.

Presente sempre sulle tavole aristocratiche ha ottenuto un posto da privilegio nelle ispirazioni di artisti e pittori in tutti i secoli. Nera o bianca la troviamo rappresentata nelle tele e sui muri, nei libri e papiri.

A volte si porta dietro il sospetto che, l’uva, nell’antichità, fosse considerata quasi come una piacevole droga leggera, la troviamo come frutto del piacere sui banchetti di nobili e principi , in ricette afrodisiache dove nettare e ambrosia erano in buona parte composti da succo d’uva.

Anche per questo Polifemo si entusiasma del dono di Ulisse e viene ingannato.

Se poi vogliamo retrodatare ancora di più il piacere che l’uva riusciva a dare attraverso i suoi frutti, è d’obbligo citare la grande “cassa” che si prese Noè alla fine del diluvio universale, oppure che il vino, derivato dell’uva, rappresenta niente meno che il sangue di Cristo.

E che dire del culto di Dioniso seguito da greci e romani, simbolo dell’esuberanza, della passione, del piacere e del disordine, contrapposto alla razionalità, all’equilibrio e al dominio dei sentimenti del mondo apollineo.

Nel Rinascimento Lorenzo de Medici (1449- 1492) scrive il famoso “Trionfo di Bacco e Arianna” e il Boccaccio distingue il vino buono dall’ acqua dell’Arno.

L’uva da tavola inizia ad affermarsi come tale dopo la prima guerra mondiale, va alla ricerca del caldo sole del sud per maturare e a diventare economia del meridione.

Oggi, a distanza di settant’anni, il nostro paese è diventato il maggior produttore mondiale di uva da tavola Cosi l’uva da tavola acquista un posto di rilievo nell’economia del Mezzogiorno, sfruttando una risorsa , il sole, che madre terra ci dona gratuitamente così da elevare la qualità di un frutto che insieme agli acini porta una storia che viene da tanto lontano, diventando simbolo di bellezza e di trasgressione.

Con la sua cromaticità ha rallegrato a volte anche fame e miseria portando noi, a volte immemori discendenti, a gustarla sempre più per piacere e sempre meno per fame.

Pillole Le varietà Anche i vari tipi di uve da tavola, fin dalla fine dell’800, hanno subito l’evoluzione del miglioramento genetico, sia per affinare la qualità degli acini sia per un problema di resistenza a due grandi parassiti della vite: la Peronospora e la Filossera, che causarono la distruzione di quasi tutte le varietà da sempre coltivate in Europa.

Perché fa bene alla salute Le principali caratteristiche di questo frutto sono la sua alta digeribilità e le sue proprietà terapeutiche: svolge un’azione lassativa, depurativa e diuretica, favorisce la digestione, contribuisce a ridurre il livello del colesterolo “cattivo” e ad alzare quello “buono”, elimina l’acido urico, è ricco di antiossidanti e la presenza di flavonoidi gli conferisce spiccate proprietà antitumorali. Il succo d’uva, bevuto rigorosamente fresco (si ossida velocemente) è utile anche per digerire. Consigli per il consumo I grappoli vengono colti quando l’uva è matura e dolce, per cui, al momento dell’acquisto, basta verificare che gli acini siano ben attaccati al raspo. L’uva è da conservare in frigo fino al momento del consumo, occorre però lavarla molto bene sotto l’acqua corrente prima di mangiarla.

Ricette
SUCCO D’UVA
Con l’uva si può ottenere un buon succo analcolico .

Ingredienti:

 uva nera e matura, possibilmente dolce e profumata

 succo di 1 limone

 zucchero circa 100gr/litro

Preparazione: Prendete dei grappoli d’uva nera matura, e mettere gli acini in un colino dove vanno lavati bene sotto acqua corrente. In una pentola, versate gli acini e coprite per metà con l’acqua ,aggiungete il succo di limone, e cuocete a fuoco moderato a fiamma non troppo alta per evitare che troppa acqua evapori , mettere un coperchio facendo attenzione che non straripi tutto..

Per i primi quindici minuti bisogna rimestare frequentemente con un cucchiaio di legno, schiacciando anche un po’ gli acini per lasciare meglio uscire il succo.

Dopo circa mezz’ora, quando l’acino è completamente disfatto e la pentola si è riempita di succo, spegnere e passare il tutto con un passaverdura o con un colino a maglie strette o in un telo di cotone, schiacciando bene gli acini per raccogliere più succo possibile .

Se nel frattempo il succo si raffredda, scaldarlo e imbottigliare caldo, oppure imbottigliare e sterilizzare in una pentola con acqua come si fa con le marmellate. Il succo d’uva è ottimo per accompagnare le castagne arrosto .

FILETTO ALL’UVA
Ingredienti

 1 filetto di maiale di circa 600 g

 100 g di uva nera

 100 g di uva bianca

 100 g di uva red

 Semi di papavero

 2 cucchiai di olio extravergine di oliva

 sale

 pepe nero in grani

Preparazione Lavate ben l’uva da tavola, quindi con un coltellino togliete la pellicina e dividete gli acini a metà togliendo i semini. Lavate il filetto, asciugatelo tamponandolo con carta assorbente da cucina e tagliatelo a medaglioni; salateli e cospargeteli con i semi di papavero. Scaldate l’olio in un tegame antiaderente e fatevi rosolare la carne a fuoco vivo su entrambi i lati. Abbassate la fiamma e aggiungete gli acini spelati . fate cuocere per altri 10 minuti con chicchi di uva . Regolate di sale e profumate con una abbondante macinata di pepe, quindi spegnete il fuoco. Suddividete il filetto di maiale nei piatti individuali, completate ogni porzione con qualche cucchiaio di frutta cotta e servite in tavola ben caldo.

CROSTATA D’UVA
Ingredienti

 400 g di pasta frolla

 400 g di crema pasticciera

 1 piccolo grappolo di uva bianca

 1 piccolo grappolo di uva Moscato

 1 piccolo grappolo di uva nera

 burro per lo stampo

 farina per lo stampo

Preparazione

scaldate il forno a 180 °C. Imburrate e infarinate una pirofila di terracotta tonda del diametro di 20-22 cm. Stendete la pasta frolla e foderatevi il fondo della pirofila; bucherellate la pasta con i rebbi di una forchetta, copritela con un foglio di alluminio e riempite di fagioli secchi. Infornate a 180 °C per circa 35 minuti, quindi eliminate alluminio e fagioli e lasciate raffreddare.

Nel frattempo staccate delicatamente gli acini di uva dai grappoli e lasciateli a bagno in acqua fredda per una decina di minuti; scolateli e asciugateli tamponando con un canovaccio pulito. Servendovi di un coltello affilato, tagliate gli acini a metà nel senso della lunghezza. Coprite la base di pasta frolla con la crema pasticciera e, partendo dal centro, disponetevi sopra, a cerchi concentrici, gli acini con la polpa rivolta verso l’alto, in modo da alternare i tre colori dell’uva. Servite in tavola

Federico Valicenti

 

Ph : Pixabay senza royalty

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