L’ editoriale del Direttore Daniela Piesco
Carissimi,
Il 25 dicembre non è solo una data simbolica per il cristianesimo, ma anche un momento di riflessione storica, che quest’anno ci invita a pensare al potere, alla centralizzazione e alle sfide politiche in un contesto globale sempre più complesso. In particolare, il 25 dicembre dell’anno 800, Carlo Magno venne incoronato Imperatore del Sacro Romano Impero dal Papa Leone III, in un atto che segnò la nascita di una nuova era politica per l’Europa. L’incoronazione di Carlo Magno non fu solo un evento di grande rilevanza storica, ma anche un simbolo di potere centralizzato, che univa la sfera temporale e quella spirituale sotto un unico sovrano, con l’ambizione di ricostruire l’impero romano d’Occidente. Oggi, seppure in un contesto radicalmente diverso, le dinamiche politiche sembrano a volte riproporre tensioni simili tra centralizzazione e le sfide della coesione e della cooperazione.
Di fatto , il potere imperiale si presentava come l’unica forza capace di garantire la stabilità, seppur con il rischio di opprimere la libertà dei singoli territori e di concentrarsi nelle mani di pochi. L’alleanza tra il Papa e l’imperatore, che si consolidava attraverso l’incoronazione, rifletteva un’epoca in cui la centralizzazione del potere era vista come l’unica via per garantire ordine e protezione.
Oggi, mentre la nostra società si fonda su principi democratici e pluralisti, possiamo comunque notare parallelismi con il passato in alcune tendenze politiche moderne. In particolare, il sovranismo, una corrente che ha guadagnato crescente influenza in molte nazioni, tra cui l’Italia, spesso promuove l’idea di un ritorno alla centralizzazione del potere, ponendo l’interesse nazionale sopra quello della cooperazione internazionale.
Il sovranismo meloniano: centralizzazione o servilismo?
Il governo di Giorgia Meloni, pur nel contesto della democrazia parlamentare, ha mostrato tendenze che possono essere criticate per la crescente centralizzazione del potere e per un approccio sovranista che ha sollevato interrogativi sul sul fatto che lo stesso sia esercitato solo nella politica interna , dimostrandosi tutt’ altro nelle dinamiche europee.
Le contraddizioni nella politica di Giorgia Meloni riflettono la difficoltà di un governo che predica bene e razzola male. Mentre la sua retorica interna è autoritaria e intransigente, la sua politica estera e le sue scelte internazionali spesso rivelano una dipendenza dalle alleanze internazionali e un allineamento con le potenze dominanti, come l’Unione Europea e gli Stati Uniti. Questo crea una tensione tra la promessa sovranista e la realtà geopolitica, che porta a contraddizioni difficili da conciliare tra cui,ne ricordiamo una delle tante , il sostegno prima dato,con palate di milioni di euro all’ Ucraina e poi ” ritirato”dopo l’ elezioni di Trump ,un sostegno mai dato invece ai palestinesi massacrati da Israele e del quale si sventolava la bandiera a palazzo Chigi .
Il rischio di un ritorno alla “politica dell’uomo forte” di mussoliniana memoria
Uno degli aspetti più preoccupanti del sovranismo meloniano è la tendenza a concentrarsi su una figura politica forte, spesso dipinta come l’unica in grado di difendere l’interesse nazionale. Questo tipo di retorica, che evoca l’immagine di un “salvatore della patria”, e che è alla base del premierato è pericolosa perche’alimenta una visione autoritaria della politica, in cui le decisioni vengono prese senza il necessario confronto democratico. Carlo Magno, pur nel suo contesto storico, incarnava quella figura di potere assoluto che aveva bisogno di legittimarsi attraverso l’alleanza con la Chiesa. Oggi, l’idea di un uomo forte al comando può minare la fiducia nelle istituzioni democratiche e nei meccanismi di controllo del potere.
In una democrazia moderna, la leadership politica è collegata alla volontà del popolo e deve essere esercitata nel rispetto dei diritti fondamentali e delle libertà civili.L’idea dell’ “uomo forte” che concentra il potere in una sola figura non è compatibile con i principi democratici di pluralismo e partecipazione, che sono alla base delle democrazie liberali contemporanee. La separazione dei poteri tra legislativo esecutivo e giudiziario è un pilastro della democrazia che impedisce a una sola persona o a un gruppo di concentrare troppo potere, riducendo il rischio di abusi e autoritarismi.
I governi democratici non sono costruiti per rispondere a un bisogno di dominazione autoritaria, ma per risolvere i problemi sociali e politici attraverso il dialogo, il compromesso e il rispetto delle leggi
Il fallimento dei regimi autoritari del passato
È appena il caso di ricordare che la storia del XX secolo è piena di esempi di regimi autoritari e di dittatori che hanno preso il potere promettendo soluzioni rapide a problemi complessi, ma che hanno finito per sottomettere le popolazioni, violando i diritti umani e portando a conflitti devastanti. Regimi come quelli di Mussolini, Hitler o Stalin sono esempi lampanti di come il potere concentrato in un’unica figura possa portare a tragiche conseguenze per la società. L’idea che un “uomo forte” possa risolvere i problemi di una nazione si è rivelata fallimentare in molte occasioni, portando alla soppressione delle libertà individuali, alla censura, e alla violenza politica . Tutti temi ricorrenti nella politica meloniana che stigmatizza l’ aborto,fa diventare reato universale la maternità surrogata,favorisce i colletti bianchi , affama la popolazione , querela critici e giornalisti che non la pensano come lei ,incita all’ odio e alla brutalità della ragion di stato,limita fortemente il diritto di manifestare,intraprende crociate contro la magistratura che gli boccia sia il progetto dei canili in Albania sia l’ autonomia differenziata ,sbeffeggia i suoi avversari politici in parlamento facendo capire chiaramente che se un clown si trasferisce in un palazzo, non diventa re ma il palazzo diventa un circo
Riteniamo pacificamente che la sicurezza si definisca in diritti sociali e non in repressione
Diritti sociali come il lavoro,l’istruzione, l’accesso alla sanità, una casa dignitosa e la protezione contro le disuguaglianze economiche sono essenziali per prevenire le cause profonde della insicurezza sociale. Le persone che vivono in condizioni di povertà, disoccupazione, discriminazione o esclusione sociale sono molto più vulnerabili alla criminalità, alla violenza e al malessere psicologico. Garantire a tutti l’accesso a questi diritti sociali significa ridurre le disuguaglianze e, quindi, ridurre i fattori che alimentano l’insicurezza.
In questo contesto, la sicurezza sociale diventa una questione di equità sociale.
Le politiche di sicurezza repressiva che mirano a punire i poveri, i disoccupati o i migranti, senza intervenire sulle cause strutturali della povertà e dell’esclusione sociale, non risolvono il problema della criminalità, ma lo spostano altrove.
Una sicurezza sociale efficace non si ottiene solo con leggi severe o forze di polizia potenti, ma con politiche sociali che favoriscano l’inclusione, l’istruzione, la salute e la partecipazione sociale. Quando le persone si sentono parte di una comunità che garantisce loro diritti fondamentali e opportunità di crescita, è meno probabile che si rivolgano a comportamenti antisociali o criminali.
La storia dovrebbe insegnarci che un governo autoritario non è mai la risposta alle sfide sociali, economiche e politiche moderne. Anzi, la democrazia e il rispetto dei diritti umani si sono rivelati gli strumenti più efficaci per garantire stabilità e prosperità a lungo termine.
Conclusioni e auguri di fine anno
Mentre riflettiamo sul 25 dicembre e sull’incoronazione di Carlo Magno, possiamo vedere come il concetto di centralizzazione del potere e l’idea di un’autorità sovrana siano temi che attraversano la storia, ma che oggi devono essere trattati con molta più attenzione. In un mondo che si evolve rapidamente, dove le sfide globali richiedono risposte collettive, l’isolamento e l’accentramento del potere non sono la soluzione.
A questo punto dell’anno, quando guardiamo al futuro, possiamo trarre qualche lezione dall’epoca di Carlo Magno. Oggi non ci sono imperatori che dettano legge dall’alto, ma la nostra forza collettiva risiede nella capacità di lavorare insieme per il bene comune. Che si tratti di rispondere ai cambiamenti climatici, di garantire una distribuzione equa delle risorse, o di proteggere i diritti di tutti i cittadini, oggi la politica deve essere più che mai un esercizio di equilibrio tra autorità e democrazia, tra potere e responsabilità.
In questo nuovo anno, il mio augurio per tutti noi è di continuare a lottare per una politica giusta, inclusiva e sostenibile, capace di rispondere alle sfide del nostro tempo senza rinunciare ai principi di libertà, giustizia e solidarietà. Come il 25 dicembre del 800 ha segnato l’inizio di un progetto di unificazione, così oggi possiamo fare la nostra parte per costruire una società più coesa, in cui il potere sia al servizio delle persone e non il contrario.
Che il 2025 porti con sé pace, prosperità e, soprattutto, un rinnovato impegno per il bene comune. Che possiamo affrontare insieme le sfide del futuro, con la speranza che la politica, in ogni sua forma, possa essere sempre più al servizio della giustizia e del progresso per tutti.
Che l’Italia possa continuare a perseguire la cooperazione internazionale, a difendere i diritti umani e a costruire ponti( sia chiaro non quello sullo stretto)piuttosto che muri.
Che si possa mettere al centro delle nostre politiche la solidarietà, il dialogo e il rispetto per la diversità, per costruire un futuro che sia veramente migliore per tutti.
Che il nuovo anno porti con sé l’energia per lavorare insieme, come cittadini e come nazione, per affrontare le sfide del nostro tempo con speranza e determinazione.
Con affetto e speranza per il futuro.
Il direttore responsabile
Daniela Piesco