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Politica

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Nuovo referendum sul salario minimo in California
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Cultura e società

Viaggio in India:terzo e ultimo episodio
Viaggio in India:terzo e ultimo episodio

Di Brunello Pezza 

Viaggio in India: primo episodio

Viaggio in India: secondo episodio

 

Lungo la strada, nei pressi delle case e delle fattorie si vedono caratteristici cumuli di forme rotonde e marroni ordinatamente disposte e della grandezza di un nostra pizza napoletana. E’ sterco di bufalo (quello della vacca è sacro e non può essere usato) che viene raccolto, lavorato nella forma descritta e messo ad essiccare al sole, sarà utilizzato come combustibile: comodo ed economico! Sapevo di questa usanza ma vederla così da vicino mi ha colpito: questa è ancora una società che non butta niente, che ricicla moltissimo e che saprà adattarsi molto meglio di noi alla probabile prossima era postatomica. Se penso cosa succede da noi quando manca la corrente elettrica per mezzora mi vengono i brividi: quanto è fragile la nostra potenza!!!!

Nella cultura indù la società è divisa in quattro classi nettamente distinte tra loro: la più alta è quella dei sacerdoti o bramini, poi viene quella dei guerrieri o sikh, più in basso quella dei commercianti e in ultimo quella degli “intoccabili” nel senso che sono talmente reietti dalla società che non possono essere nemmeno toccati. L’appartenenza ad una classe ti marchia per la vita: le possibilità di risalire da una casta all’altra sono ridottissime e riguardano solo qualche ragazza che viene sposata da un uomo di una classe superiore. Sembra terribile! Il fatto è che secondo la teoria della reincarnazione ognuno sta facendo il tipo di vita che si è meritato nella vita precedente e questo principio rende ai loro occhi quasi giustificato il terribile e squallidissimo tipo di vita che gli “intoccabili” spesso conducono. Certo, visto dalla nostra prospettiva e cioè quella di un solo arco vitale questo discorso ci sta proprio stretto: sei paralizzato in una casta e non hai chanches di miglioramento… E’ terribile! Ma se lo vedi nella prospettiva di chi ritiene che le vite siano infinite e che ogni vita è un gradino di una scala che puoi percorrere in salita (per migliorare) o in discesa (per peggiorare) forse il quadro è meno statico ed opprimente di quanto pensiamo.

Aggiungiamo anche che secondo la visione indù da qualsiasi livello si può migliorare e questa possibilità si può sempre giocare in questo infinito procedere attraverso le successive reincarnazioni e allora capiremo che questo quadro complessivo lascia ancora più speranza del cristianesimo che invece ti fa “giocare” la chanche della salvezza o della perdizione una volta e per sempre nell’arco di una sola vita! Insomma la prospettiva è stata una delle più grandi scoperte dell’uomo e non solo da un punto di vista tecnico-scientifico ma anche umano…

Abbiamo fatto due “safari” a caccia della tigre nel parco di Ranthambore. Un posto estremamente selvaggio e naturalisticamente molto bello. Abbiamo visto moltissimi cervi, caprioli, antilopi, scimmie dalla coda lunga ma non prensile, qualche coccodrillo, una mangusta, infiniti pavoni e pernici ed altri uccelli. Tutto molto bello. La tigre ha concesso solo un’orma sicuramente fresca su un sentiero molto battuto dalle jeep con guide e turisti; d’altra parte io me la immaginavo mollemente sdraiata all’ombra sulla parete rocciosa che ci sovrastava a gustarsi il divertente spettacolo di queste decine di jeep e centinaia di turisti che giravano forsennatamente per la boscaglia alla sua ricerca… In realtà nel parco ci dovrebbero essere circa quaranta tigri e giustamente Emilio rifletteva che questo contrastava un po’ con l’estrema abbondanza di cervidi! Che siano diventate vegetariane anche loro? A me comunque, che circa tre vite fa mi sono abbondantemente nutrito la fantasia con l’opera di Kipling “I libri della Giungla”, sembrava ad ogni passo di riconoscere uno degli angoli descritti nel capolavoro: quella roccia alta e possente nella boscaglia era sicuramente il punto dove si riuniva ad ogni luna piena il branco dei lupi. Sulla roccia sedeva il loro capo Akela e nello spiazzo sotto venivano presentati al chiarore della luna i nuovi cuccioli perché il branco li accogliesse. Tra questi un giorno venne presentato anche un cucciolo d’uomo: Mowgli, che la tigre Shere Khan reclamava per sé e che la lupa aveva accolto e protetto. Nello stagno sotto le rocce sicuramente si nascondeva l’enorme e vecchissimo Ka, boa constrictor, amico di Mowgli con Bagheera (la pantera nera) e Baloo (l’orso saggio, istruttore del cucciolo d’uomo). Ma in particolare la mangusta mi ha ricordato il racconto di Rikki Tikki Tavi, la piccola mangusta allevata da un ragazzo inglese che difende strenuamente il suo padrone dall’attacco di due cobra (Nag e Nagaina) che vogliono avvelenarlo… e li uccide entrambi in una durissima lotta.

Insomma, emozioni sepolte che riaffiorano… Siamo vicini alla fine del viaggio ma le emozioni persistono! Visitiamo l’enorme e affascinante “città fantasma” tutta in arenaria rossa. Riusciamo a visitarla quasi deserta perché vicinissimi all’orario di chiusura, l’arenaria era rovente per l’esposizione al sole e nel cielo era imminente un temporale estivo e si rincorrevano nuvole, fulmini e saette. La scena era apocalittica e bellissima insieme e la costruzione ricordava molto la città proibita di Pechino. In un enorme cortile attorno ad un piedistallo era installato sul pavimento una specie di gioco degli scacchi, si vuole che a giocare fossero le concubine ma lo scacco matto lo dava sempre il Maharaja!

Nel forte di Agra le concubine giocavano a nascondino, ma chi vinceva era sempre il Maharaja!!

Il Taj Mahal, tempio dell’amore, un monumento di una perfezione che affascina, potente e delicato insieme… E’ incredibile che l’uomo, che si macchia di misfatti terribili, sia anche in grado di compiere opere cosi eccezionali ed uniche… E’ incredibile ma forse è anche un valido motivo di speranza per l’umanità. Uno dei pochi.

Durante l’ultimo tragitto fino a Delhi mi fulmina una sensazione: c’è qualcosa che manca in tutti questi paesini che vediamo sfilare nella loro povertà ed operosità. Mancano i cimiteri! Ma mi sembra giusto per un popolo che non ha nella sua lingua la parola morte!
Ogni viaggio che si rispetti è anche un viaggio interiore e questo è stato un viaggio di tutto rispetto! Grazie ad Edmondo!

Ph : Freepik senza royalty

Viaggio in India: secondo episodio
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Viaggio in India: primo episodio
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C’ è un tempo per ogni cosa
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Ambiente

Il profumo del pane appena sfornato…
Il profumo del pane appena sfornato…

Di Letizia Ceroni 

Il profumo del pane appena sfornato…Una volta si sentiva per strada.Nel nostro bel paese se ne producono 250 tipi diversi, ogni regione ha i propri tipi di pane in base alla propria posizione e alle proprie risorse.

Anche la panificazione sta subendo cambiamenti, forse più lentamente di altri campi ma la grande distribuzione,a poco a poco, ne sta assorbendo la gestione e la globalizzazione fa sì che si usino materie prime che vengono dall’estero, cosa che ha destabilizzato la produzione interna di prodotti, purtroppo, d’eccellenza, uno di questi è il grano.

Ad esempio, la Sardegna era divisa in “giudicati”, uno di questi era il “Logudoro” che in sardo significa luogo d’oro, chiamato così per la sua piana coltivata a grano.Vi immaginate una distesa di grano maturo sotto il sole? Penso che fosse uno spettacolo meraviglioso. Ora non è più così.

Zia Anna racconta che si portava il grano alla macina e poi si passava ai setacci, che erano di diverse misure e il residuo di ogni passaggio, serviva per un prodotto diverso, l’ultimo, che era il più fine, serviva per fare il pane detto “spianata”, mentre il penultimo serviva a fare “su civraxu” una pagnotta da tagliare a fette. La crusca veniva data al maiale.

Alcuni avevano il forno in casa ma la maggior parte portavano il pane a cuocere al forno di uso comune che veniva acceso solo periodicamente, le donne, le ragazze e anche i bambini in grado di aiutare, si alzavano alle 2 di notte per preparare l’impasto del pane che, di solito, doveva bastare per un mese.

Una volta cotto nel forno, si stendeva un telo pulito sul letto e si metteva ad asciugare, poi, veniva avvolto nel telo che era apposito per il pane e riposto nella madìa.

Il pane e la pasta venivano fatti con la farina di grano duro, mentre i dolci erano fatti con la farina di grano tenero.
La spianata o pane fino assomiglia al pane arabo, era molto pratico perché, una volta piegato, occupava poco posto nella bisaccia del pastore, insieme al companatico, di solito formaggio o salsiccia che vengono arrotolati  nel pane, il panino così ottenuto, si chiama “puppia” (bambolina)

La campagna ha sempre offerto una grande varietà di erbe commestibili, ad esempio, il finocchietto selvatico o aneto, veniva usato per alcuni piatti semplici, uno di questi è la “zuppa “, ancora oggi cucinato come piatto tipico.

Naturalmente, visto che la pastorizia era la risorsa prevalente, si usava molto fare il brodo con la carne di pecora e anche il formaggio era fatto con il latte ovino.

Ecco un paio di ricette.
PASTA, FAGIOLI o CECI E FINOCCHIETTO.
ingredienti
500 gr di fagioli o ceci secchi
100 gr di lardo di maiale
1 cipolla
2 spicchi d’aglio
1 bel mazzo di finocchietti selvatici
2 patate
Olio di oliva
1 cucchiaio di conserva
Sale Q. B.
Procedimento
La sera prima, mettere a bagno i fagioli in acqua tiepida.
Al momento della preparazione, tagliare il lardo a piccoli pezzi, metterli in una pentola capiente e farli soffriggere fino a che il grasso sarà sciolto e, a quel punto, togliere i ciccioli lasciando il grasso nella pentola
Abbassare la fiamma al minimo e mettere la cipolla e l’aglio precedentemente tritati e le patate tagliate a cubetti piccoli, far insaporire e aggiungere almeno 2 litri di acqua, aggiustare di sale.
Quando bolle, aggiungere i fagioli e, a metà cottura i finocchietti tagliati a pezzetti facendo sempre attenzione che il brodo non si asciughi troppo aggiungendo acqua calda.
A fine cottura, fare la minestra con la pasta preferita,a piacere un giro di olio evo.

ZUPPA DI FINOCCHIETTI SELVATICI
ingredienti
1 mazzo di finocchietti selvatici (in alternativa finocchielle)
1/2 litro circa di brodo di pecora (in alternativa brodo di manzo)
2 o 3 spianate (in alternativa pane carasau)
Olio evo
1 cipolla piccola
Pecorino grattugiato q. b.
1 peretta non stagionata (caciocavallo)

Procedimento
Tagliare i finocchietti a pezzetti e la cipolla a fettine e farli soffriggere nell’olio, quando la cipolla sarà appassita, aggiungere il brodo e far cuocere, non troppo in modo che il finocchietto resti un po’ croccante.
In una profila dal bordo di circa 4 cm , disporre uno strato di spianata strappata con le mani, cospargere con il pecorino e la peretta tagliata a fettine sottili e bagnare con un paio di mestolate di brodo con i finocchietti.
Ripetere fino a esaurimento degli ingredienti, terminare con il formaggio.
Far gratinare in forno a 200° fino a quando non si formerà la crosticina.

Questi piatti sono tradizionali e vengono tuttora cucinati anche in diverse varianti cambiando alcuni ingredienti.

Ph : Letizia Ceroni

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