La recensione del Direttore Daniela Piesco
Con rigore, lucidità e intuizioni narrative, Scott è riuscito a mantenere lo spirito originale de Il gladiatore,uscito ben venticinque anni fa, pur strutturando un film a sé stante, che ha una sua forte propensione contemporanea, quasi visionaria…
Dov’è l’ onore? Dov’è finito l’ onore di Roma chiede Lucio Vero , figlio di Massimo Decimo Meridio ai suoi gladiatori prima dell’ ultimo combattimento …
È innegabile, infatti , che Il gladiatore II parli dell’oggi: lo si capisce dalla fantasia con cui rielabora la storia di Roma antica, tipo la già famosa scena in cui un senatore è seduto a un caffè a leggere il giornale in attesa di incontrarsi con un’informatrice. Lo sappiamo: non ha senso, la stampa è stata inventata 1.200 anni dopo, mentre i primi quotidiani 1.400 anni dopo.
A Scott interessa sottolineare che questo non è il passato, ma il presente
Già dov’è finito oggi il dovere di disciplina ed onore, che l’art. 54 Cost. richiede ai cittadini cui la collettività affida l’esercizio di funzioni pubbliche e che investe con particolare forza coloro che, per mandato politico o per attributi professionali, assumono le responsabilità più alte?
Il gladiatore II parla di capitalismo: inizia con il dettaglio di un vaso pieno di grano e prosegue mostrando prima la conquista romana di una “città libera” in cui tutti vivono felici , contenti e inclusivi, e poi lo scontro etico tra due imperatori che premono per continuare a espandere l’Impero e il generale saggio che vuole fermarsi e pensare a sfamare prima i cittadini che hanno già.
Caracalla e Geta figli di Settimio Severo, infatti all’inizio del III secolo d.C. avevano inaugurato una nuova dinastia, quella,dei Severi, che aveva rafforzato il potere dell’imperatore a discapito del Senato e delle altre magistrature…( Musk docet!)realizzando un periodo storico avvilito dallo status quo, dall’ossessione per il potere, dalla guerra come habitat naturale di una classe politica rivoltante e senza scrupoli .
E non è in caso che nella storia di Roma il primo reato vicino alla corruzione si è avuto all’ ambizione elettorale. “Ambitus’ significa compiere pratiche illecite per procurarsi consensi.
Fu il fenomeno corruttivo che probabilmente più incise sulla degenerazione delle istituzioni politiche romane e raggiunse il culmine nel I secolo a.C.
Dal punto di vista etimologico, «amb–ire» significa proprio andare da una parte e dall’altra (per sollecitare voti). Ne deriva pure il termine «ambizione». La prima legge anticorruzione si riferirebbe appunto a tale reato e risale al 358 a.C.: la lex Poetelia de ambitu.
E così vent’anni dopo la morte di Massimo Decimo Meridio, ecco che l’eredità di quell’ onore andato perso, verrà colta da Lucio Vero (Paul Mescal), ridotto in schiavitù dopo essere stato deportato dalla Numidia (come veniva chiamato il Nord-Africa nel 200 d.C.) conquistata dalle legioni di Marco Acacio (Pedro Pascal), sotto il dominio degli imperatori Caracalla e Geta (Fred Hechinger e Joseph Quinn).
Arrivato nell’Urbe, Lucio verrà utilizzato come gladiatore dal crudele Marcrinus (Denzel Washington, una delle sue migliori prove recenti), schiavista e politicante che trama per conquistare gli allori dell’imperatore.
Il finale, con buono e cattivo che si affrontano a duello, circondati da due eserciti in stallo, è quasi teorico
Vuole forse dirci Scott che lo scenario politico attuale è fatto di uomini forti che litigano tra loro mentre il popolo, passivo e anestetizzato, resta a guardare, pronto a seguire ciecamente chiunque vinca?
Non lo so, so solo che qui parteggiare per il “buono” equivarebbe comunque a sostenere un principe ereditario, un tiranno illuminato…
Come a sottolineare che , sicuramente, la tirannia non è la forma di governo ideale, ma bisogna stare attenti ai propri leader anche in democrazia. Chi vuole il potere per rivalsa, o vendetta personale, non si cura del popolo, esattamente come i tiranni.
Il populismo oggi è l’antagonista più forte della democrazia
E oggi, duemila e cinquecento anni dopo, Roma sta tradendo i propri principi e i propri valori, abbracciando e sostenendo coscientemente un’epoca buia di inquietudine e soggiogante paura, travolgendo quel fragile sogno che “si poteva soltanto sussurrare” per come era fragile .
Quel sogno che era chiamato libertà.
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