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Politica

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Cultura e società

Ora il cerino è in mano a Putin
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Intervista del direttore responsabile Daniela Piesco 

Populismo globale e minacce ibride:visioni a confronto con Marco Mayer.In questa intervista, rilasciata al rientro da un viaggio negli Stati Uniti, il Professore riflette sulle tensioni politiche e sociali che attraversano l’America di oggi, sul ruolo controverso di Elon Musk, sulle sfide dell’intelligenza artificiale applicata alla difesa, nonché sulla delicata questione della guerra in Ucraina. Particolarmente interessanti sono anche le sue considerazioni sull’Europa e sull’Italia: dalle politiche migratorie all’abuso d’ufficio, fino alla necessità di rafforzare una vera cooperazione europea nel campo della difesa e della cybersecurity.

Un dialogo a tutto campo con uno dei più attenti osservatori del presente.

L’ intervista

D. Cosa pensa dell’accordo raggiunto a Jedda tra USA e Ucraina sui 30 giorni di cessate il fuoco?

R. In questo momento il cerino é passato nelle mani del Presidente Vladimir Putin. Non ha altra strada che negoziare rapidamente un accordo oppure continuare l’aggressione armata. Speriamo che fermi i bombardamenti, ma le notizie che in queste ore da Odessa sono brutte: il centro storico e il porto sono stati colpiti dai russi e ci sono stati almeno quattro morti.

D. E qual’ é la posta in gioco per il Presidente Donald Trump?

R. E’ alta anche per il Presidente americano. Ha sempre detto che la Russia era pronta ad un accordo, ma senza portare elementi concreti. Vedremo se é vero o se il suo é stato un bluff. In questo caso si indebolirebbe per la perdita di credibilità internazionale.

D. Durante il suo recente viaggio negli Stati Uniti, quali impressioni ha avuto riguardo all’attuale clima politico e sociale?

R. Sono stato prevalentemente a Boston, Beacon e New York, quindi nella East Coast, e ho incontrato soprattutto persone di orientamento democratico o semplicemente liberal. Non ho toccato il centro dell’America, dove Trump è più forte. Mi riferiscono però che su andamento negativo della borsa (e Nasdaq in particolare ) c’è una grande preoccupazione (bypartizan.https://www.ansa.it/sito/notizie/economia/aziende/2025/03/11/i-supermiliardari-in-prima-fila-al-giuramento-di-trump-hanno-perso-209-miliardi_cf4d2cf2-e104-4400-9df5-4155f75fb2b8.html) La mia personale impressione è che alcune posizioni della nuova amministrazione siano inquietanti e confuse soprattutto per quanto riguarda la scienza e gli aiuti allo sviluppo. Ma si conferma l’esistenza di anticorpi molto robusti nel sistema politico americano. È giusto avere riserve su Trump e la sua squadra, ma sarebbe sbagliato trarre conclusioni affrettate sugli Stati Uniti che restano una grande democrazia, la più grande del mondo dopo l’India. Negli USA una corrente di destra e suprematista c’ è sempre sempre si tratta di capire quali fattori hanno provocato una così forte espansione del populismo nel Partito Repubblicano.

D. Cosa intende per anticorpi?

R. Mi riferisco alla Corte Suprema che – per esempio – ha ritenuto illegittimo il blocco dei fondi già pianificati relativi a USAID. Bill Gates ha dichiarato alla CNN che tagliare da un giorno all’ altro i finanziamenti per la salute globale avrebbe causato dieci milioni di morti.
(https://edition.cnn.com/2020/04/15/business/who-funding-bill-gates-dangerous/index.html ) Penso inoltre alle decisioni in questa e in altre materie di numerosi giudici federali che operano nei diversi Stati americani. C’ è poi da considerare un dibattito pubblico molto vivace che caratterizza una parte non piccola della stampa americana. Ci sono, infine, molte manifestazioni di protesta. Avrà visto, ad esempio, che venerdì scorso c’è stata una grande manifestazione a Washington da parte di ricercatori e scienziati, che sono i più preoccupati per i tagli alla ricerca di base, alle università e al sistema di istruzione.
(https://www.scientificamerican.com/article/stand-up-for-science-rallies-will-protest-trump-attacks-on-research/)

D. A Boston é stato al MIT?

R. Si ho avuto un incontro molto interessante sulle grandi sfide di energia e ambiente con il Professor emerito Bruno Coppi uno dei fisici più esperti al mondo nel campo della fusione nucleare. Da molti anni ci sono vari tentativi nel mondo di passare dalla fissione alla fusione. Non si sa quando ci riusciremo, ma sarà la via maestra per ottenere finalmente energia pulita
(.https://www.raiplaysound.it/audio/2022/10/Codice-Beta-S02EP04-Bruno-Coppi-Lenergia-pulita-Puntare-sulla-fusione-nucleare–a98720aa-30e5-4e1d-8834-b616e0e7fa61.html)

D. A proposito, il rischio climatico entro il 2050 è altissimo…

R. Sì, e purtroppo Paesi come la Cina hanno ancora un’enorme dipendenza dal carbone.
(https://www.carbonbrief.org/chinas-construction-of-new-coal-power-plants-reached-10-year-high-in-2024/)

D. Ha avuto altri incontri al MIT?

R. Si sempre al MIT ho ripreso i contatti con Nazli Crouchi del Dipartimento di Scienze Politiche. Nazli è stata la prima politologa ha stabilire una collaborazione con gli ingegneri di computer science (con David Clark in particolare) una convergenza fondamentale per analizzare la politica internazionale e le società digitali in cui viviamo. (https://www.youtube.com/watch?v=Kc9SZ2hpWSU&ab_channel=SiliconANGLEtheCUBE)

D. Come spiega le preoccupazioni del mondo scientifico rispetto alla nuova amministrazione americana?

R. Perché’ quando si parla di scienza non si può applicare una logica aziendalistica. La ricerca impara dagli errori e comporta moltissimi tentativi e numerosi fallimenti. Non e’ applicabile la dimensione costi-benefici tipica di un approccio aziendale che vive di profitti, pianificati in tempi brevi o al massimo a medio termine.

D. Quali i possibili effetti?

R. Se dovesse prolungarsi questa ostilità verso la scienza, ciò potrebbe intaccare la leadership americana a livello mondiale. La forza degli Stati Uniti è sempre stata proprio quella di attrarre i migliori talenti del mondo e realizzare cosi conquiste scientifiche di prima grandezza.

D. Come valuta la decisione dell’amministrazione Trump di imporre dazi del 25% su tutte le importazioni da Messico e Canada, e del 10% su quelle dalla Cina? Quali potrebbero essere le conseguenze per l’economia globale?

R. Se guardiamo ai dati di questi giorni, mi sembra di capire che i mercati finanziari — in primo luogo quello americano — siano molto preoccupati. Si parla, non so quanto giustamente, di recessione negli Stati Uniti. In ogni caso, c’è stato un bel tonfo della borsa americana, in particolare di alcuni titoli tecnologici. Mi sembra, quindi, che il mondo imprenditoriale sia piuttosto diffidente. Poi, se si scatena un’escalation, alla fine… bisogna sempre cercare di capire anche le ragioni degli altri e andare in profondità. Mi sorprende molto, ad esempio, l’atteggiamento ondivago verso il Canada e il Messico e la serie di stop and go.( .https://www.bbc.com/news/articles/cm2y811g1dgo )I mercati finanziari non amano l’imprevedibiltà. Sulla Cina il discorso è un po’ più complesso. Indubbiamente, da quando è entrata nell’Organizzazione Mondiale del Commercio ha avuto una posizione privilegiata. Lei sa benissimo che negli ultimi venti anni in Europa e anche negli Stati Uniti le aziende cinesi potevano acquistare quasi tutto ciò che volevano, salvo settori della difesa e della sicurezza particolarmente sofisticati. Invece, se un imprenditore va in Cina, rischia di non poter comprare nemmeno un appartamento. Non c’è un reale spazio di libertà per gli imprenditori stranieri che vogliono investire in Cina. Quindi, dal punto di vista dei principi del mercato libero e leale la Cina ha una posizione molto asimmetrica che in un modo o nell’altro deve cambiare. Un discorso analogo vale per la moneta cinese solo parzialmente convertibile. Lo sviluppo degli scambi internazionali in linea di principio é positivo, ma la globalizzazione che abbiamo conosciuto é piuttosto lontana dalle regole di mercato proprie della cultura economica liberale. Serve una riflessione seria, ma non in direzione protezionistica. (https://www.academia.edu/4672523/Globalizzazione_immaginaria_le_sirene_del_pensiero_analogico)

D. Sì, ma poi tornando al Canada: ho letto che il Canada ha vietato l’acquisto di alcolici americani.

R. Sì, perché il rischio del neo protezionismo USA è quello di una guerra commerciale con tutti. Trump è in carica da pochissimo tempo, quindi è difficile valutare con precisione, ma mi sembra che stia aprendo troppi fronti di scontro.

D. Sì, infatti la maggior parte dei suoi ordini esecutivi sono stati annullati perché ritenuti illegittimi. Ma questa politica estrema dei dazi non serve forse a coprire l’enorme debito pubblico americano?

R. No, finché il dollaro é ancora dominante a livello globale: il problema del debito americano non mi sembra così centrale. E poi, si ricordi: debitore e creditore hanno un interesse comune, cioè che nessuno fallisca. Ogni tanto torna fuori questa storia del debito, ma a me sembra francamente un po’ esagerata,

D: Professore, considerando la sua esperienza nel campo dell’intelligence, come valuta l’influenza di figure come Elon Musk nel settore dell’intelligence e della sicurezza nazionale americana?

C’è un articolo molto interessante su “The Spectator” Xi speech warrior: Elon Musk’s love affair with China che indica come, storicamente, Elon Musk abbia avuto rapporti privilegiati con la Cina, in particolare con l’ex primo ministro cinese. Ultimamente il Financial Times parla anche di acquisti opachi di azioni di aziende di Musk da parte di soggetti cinesi imprecisati. (https://www.ft.com/content/66857e1e-a217-4ddd-8332-d9f0f75aa459) Non è un mistero che Musk negli ultimi tre anni abbia tenuto rapporti anche con il Cremlino. Gli Stati Uniti non gli hanno concesso la security clearance. Quindi, è una figura discussa …

D. Cioè si fidano ma non si fidano troppo? .

R. Esatto. E tenga conto che Elon Musk ha avuto appalti con Starlink, sia da parte della NASA che forse del Pentagono, oltre a enormi incentivi pubblici per Tesla. Una buona parte della sua fortuna dipende da miliardi di dollari ricevuti dallo Stato. Quindi, esiste indiscutibilmente un potenziale conflitto d’interesse ed é per questo che il suo ruolo nell’amministrazione é per ora informale C’è stato poi anche un litigio recentissimo tra lui e alcuni esponenti del governo, Marco Rubio in primis. Trump alla fine ha detto che Musk non decide, ma ha solo un ruolo di advisor. Parrebbe almeno in parte ridimensionato. Parlo non solo di Musk come persona, ma anche del ruolo del dipartimento che dirige per l’efficienza. È una figura geniale per certi aspetti, ma inquietante per altri. Per rendere più efficiente la pubblica amministrazione non si può usare l’ascia, serve il bisturi del chirurgo.

D. Alla luce del conflitto in Ucraina, quali strategie ritiene più efficaci per l’Unione Europea nel bilanciare sicurezza e diplomazia?

R. Ho scritto un articolo uscito ieri su il Riformista sulla necessità di realizzare finalmente il pilastro europeo della NATO. (https://x.com/ilriformista/status/1899475147410800850 )Credo che serva un nocciolo duro europeo — Italia, Francia e Germania e altri Stati membri — che faccia convergere le proprie risorse industriali e militari. Se continuiamo con 27 bilanci militari divisi, c’è una dispersione enorme. Partendo da difesa aerea, dallo spazio satellitare, droni e cyber defense si potrebbe costruire un progetto ambizioso. E in Italia, penso che alcune forze di opposizione — come PD, Più Europa, Forza Italia, Italia Viva — possano trovare una convergenza con la maggioranza della maggioranza. Dall’altra parte ci sono Conte e la Lega che non da ora sono apparentemente equidistanti tra aggressore e aggredito e non gli fa onore.

D. Una domanda forse un po’ frivola: come mai è stato contestato l’outfit di Zelensky, quando invece Elon Musk si presenta tranquillamente con un cappellino e il figlio sulle spalle?

R. La domanda posta da un giornalista nello Studio Ovale ha infastidito molto negli Stati Uniti. Secondo me, si è trattato di un errore di comunicazione — forse voluto — ma con effetti controproducenti. Ora non ricordo le percentuali esatte ma è interessante notare che l’atteggiamento aggressivo di Vance e Trump nei confronti di Zelensky non è piaciuto agli americani. Tuttavia oggi con l’accordo tra US e Ucraina a Jedda per il cessate il fuoco di 30 giorni il cerino é passato nelle mani di Putin. E’ molto interessante capire se Trump ha davvero carte da giocare o Vladimir Putin continuerà imperterrito a bombardare l’Ucraina come oggi sul centro storico di Odessa. (https://www.rferl.org/a/ukraine-odesa-russia-missile-attack-city-center-historic-unesco-site/33298917.html)

D. Perché la destra americana insiste sul free speech?

R. A questo proposito a New York ho incontrato una persona che conosco da anni, Aryeh Neier che è stato direttore dell’American Civil Liberties Union, poi ha fondato Human Rights Watch ed è attualmente presidente emerito della Open Society Foundation di Soros. (https://www.aclu.org/careers/apply/?job=7618943002&type=national)
e che per diversi anni ha insegnato a Siena al Master in Diritti Umani diretto dal noto storico Marcello Flores. Neier ha scritto un libro importante che voglio citare: “Defending My Enemy”. Lo ha scritto per raccontare un importante vicenda della sua vita. Quando era direttore dell’ACLU difese la libertà di un gruppo di neonazisti di manifestare in una cittadina americana a forte componente ebraica suscitando una discussione enorme. Questo è importante, perché sul tema del free speech c’è oggi un grosso equivoco. Da un lato è diventato lo slogan dell’ultradestra americana, dall’altro c’è un’intolleranza estrema verso la discussione pubblica spesso di taglio reazionario. Bisogna smitizzare tutto ciò: la democrazia vive della libertà di discussione, non di verità rivelate. Il discorso é insidioso: si parla di free speech, ma poi si è estremamente chiusi e arroganti e si negano i valori di una società aperta. Il riferimento al “popolo”, in questo senso, viene usato come scusa da un elite oscurantista.

D. Anche in Italia, però, ne stanno succedendo di cose. Le chiedo un commento sulle sentenze che obbligano al risarcimento dei migranti e su quelle che mettono in discussione l’abuso d’ufficio. Come vede l’evoluzione del rapporto tra magistratura e politica?

R. Io sono personalmente favorevole alla separazione delle carriere, ma non alla divisione in due del Consiglio Superiore della Magistratura. . Se sono pubblico ministero, ho un ruolo molto diverso da quello di chi deve giudicare. Oggi le procure non solo controllano la legittimità delle azioni di polizia giudiziaria, ma coordinano anche le indagini. Nel merito vorrei però sottolineare due aspetti. Il primo é relativo ai soccorsi in mare. Non ritengo accettabile l’idea di boicottare chi soccorre. Costringere una ONG — parliamo di sei o sette piccole navi — ad andare a Genova, La Spezia o Ravenna é una scelta crudele. Mi sembra una forma di cattiveria che non ha senso. Salvare chi rischia di affogare è un valore universale e un dovere morale, al di sopra di tutto. Non significa che possano entrare tutti, ma semplicemente che quando c’è una vita in pericolo, l’obbligo di salvarla è di tutti: dello Stato, delle ONG, dei privati e di ogni cittadino. Se costringo un mezzo di soccorso a fare 1.000 miglia in più, è come se a Firenze, in caso di incidente, invece di portare il andare all’ospedale più vicino, lo portassi a Careggi passando da Pisa. Ma ciò che a mio avviso é ancora più grave é che allontano i mezzi di soccorso dalle zone del mare dove possono esserci naufraghi. Potrebbe configurarsi come un reato di sistematica omissione di soccorso a prescindere da ogni altra discussione….

D. Sì, è chiarissimo e condivido perfettamente il suo pensiero. Ma una battuta sull’abuso d’ufficio? La Cassazione l’ha rimesso in discussione…

R. Sinceramente, non conosco le motivazioni della Cassazione, quindi non posso dare un parere preciso. Pare che ci sia un vuoto normativo, ma quello non è certo l’intera risposta ad una decisione discutibile. Molto spesso i procedimenti per abuso d’ufficio si sono conclusi con assoluzioni. Mi è sembrato in molti casi un pretesto per aprire altre indagini. Non conoscendo a fondo la fattispecie di reato mi limito a dire che sono perplesso. Ho conosciuto tanti amministratori indagati inutilmente per questo reato e finiti senza rimedio per la loro reputazione su tutti i giornali. Mi sembra un reato ambiguo o forse strumentale. .

D. Tornando alla questione europea: lei ha già parlato della possibilità di costruire un pilastro europeo della NATO. Vuole aggiungere qualcosa?

R. : Sì, come dicevo: non con tutti i 27 Paesi. Ricordiamoci che Schengen e, ancora di più, l’Euro sono nati con modalità intergovernative da un gruppo più ristretto di Stati membri della UE con obiettivi e tappe molto precise. Servirebbe oggi un’intesa intergovernativa — quindi non formalmente UE — di un nocciolo duro di paesi Paesi che vogliano costruire una difesa comune seria. Si potrebbe partire da integrare sul piano militare e industriale settori ad alta tecnologia: spazio, difesa aerea, produzione di droni, cyber security. E in questo ambito, io sarei favorevole a coinvolgere anche Regno Unito, Norvegia e Turchia

D. Tutti quei milioni stanziati per il riarmo non potrebbero servire per sanità, istruzione o altro?

R. Dopo la Seconda Guerra Mondiale, tra i Paesi dell’Unione Europea non è mai scoppiata una guerra. Ne parlavo anche all’MIT con la professoressa Nancy Crouchi a cui accennavo prima. Resta valida la teoria della “pace democratica”: in 80 anni non c’è mai stata una guerra tra Paesi democratici dentro e fuori la UE compresa. Perché questo è stato possibile? Un ruolo fondamentale di deterrenza lo ha svolto l’Alleanza Atlantica. Enrico Berlinguer, nel 1976, dichiarò sul Corriere della Sera in una intervista a Giampaolo Pansa di sentirsi più sicuro sotto l’ombrello della NATO. Il punto é che gli Stati Uniti da anni chiedono all’Europa di contribuire di più alle spese della NATO e su questo hanno ragione. Condivido tuttavia che queste spese devono essere aggiuntive e non intaccare le politiche di coesione sociale.

D. I finanziamenti per cosa?

R. Israele, in un solo anno, ha intercettato oltre 50 mila missili e droni. L’Ucraina è ancora lontana da questi livelli. La difesa aerea. può salvare un grandissimo numero di vite umane e le infrastrutture civili. Senza uno scudo aereo la situazione può diventare drammatica. Questi strumenti militari non sono aggressivi, sono difensivi, ma purtroppo sono anche costosissimi. Intercettare un drone può costare molto più del drone stesso. Tuttavia, uno scudo di difesa aerea oggi è essenziale perché Russia, Iran e la stessa Cina costituiscono una grande incognita.

D. E il rischio che i sistemi d’arma autonomi sfuggano al controllo umano? Quali implicazioni etiche comporta?

R.: Ovviamente i rischi ci sono, è innegabile. Tuttavia, l’esempio di Iron Dome – che usa l’intelligenza artificiale – in Israele dimostra che, se le scelte sono ben programmate dagli esseri umani — non dalle macchine — il problema si può gestire. Le gravissime perdite nella popolazione civile di Gaza sono state prodotte da armamenti più tradizionali. L’intelligenza artificiale può aiutare a individuare e intercettare un missile o un drone nel minor tempo possibile, magari anche nella fase di lancio. Questo salva vite umane.

D. Come docente di Cybersecurity alla LUISS, quali competenze ritiene fondamentali per i futuri professionisti del settore?

R. Innanzitutto, è fondamentale una preparazione di altissimo livello nella computer science. Ma è altrettanto importante che gli ingegneri informatici sappiano collaborare con giuristi, economisti e scienziati politici. La consapevolezza dei rischi presenti nella società digitale é fondamentale per gli addetti ai lavori, si tratti di digital addiction degli adolescenti o della creazione di una oligarchia dominante che incrina le fondamenta stesse della democrazia. La cybersecurity ha un impatto enorme anche dal punto di vista normativo, etico e sociale. Serve quindi un legame sempre più forte tra hard sciences e scienze politiche e sociali. Questo, per inciso, é il taglio del nuovo Master dell’Università di Palermo dove terrò un corso e che é stato inaugurato la settimana scorsa dal Presidente del COPASIR Lorenzo Guerini. (https://www.rainews.it/tgr/sicilia/video/2025/03/il-presidente-del-copasir-sul-caso-paragon-ascoltati-i-servizi-eca52920-5a7e-4694-b7e2-25c8fc36bd71.html)

D. Tornerà presto negli States?

R. Non lo so, vedremo, ma desidero riprendere la cooperazione interuniversitaria, particolarmente importante in questo momento.

D: Quanto si è fermato l’ultima volta?

Più di due settimane e ho potuto partecipare ad un bellissimo matrimonio nel numeroso ramo americano della mia famiglia.

D:Un ultima domanda cosa pensa della manifestazione promossa da Michele Serra in favore dell’Europa?

R:E’ stata un ottima idea e andrò a Roma molto volentieri. Mi consenta però una battuta. Ucraina é sotto i bombardamenti da più di 3 anni, non parliamo della della repressione delle donne in Iran. In questo periodo contro Putin e Khamenei in piazza hanno manifestato quasi soltanto +Europa e altre forze libdem. C’é voluto Trump perché la sinistra tradizionale si desse una smossa. Le pongo io ora una domanda: non é forse il segno che l’antiamericanismo é duro a morire?

 

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Ambiente

Il Buco dell’ozono si riduce: il merito dello stop ai CFC e la lezione per il futuro
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Negli ultimi decenni, il buco dell’ozono è stato uno dei problemi ambientali più urgenti, ma oggi possiamo finalmente parlare di un progresso significativo. La riduzione delle sostanze chimiche responsabili del suo assottigliamento, in particolare i clorofluorocarburi (CFC), ha portato a una lenta ma costante ripresa dello strato di ozono. Questo successo non è casuale, ma il frutto di un’azione globale coordinata che dimostra come la scienza, la politica e la cooperazione internazionale possano fare la differenza nella lotta ai problemi ambientali.

Cos’è il Buco dell’Ozono e Perché è Importante?

Lo strato di ozono è una barriera naturale situata nella stratosfera, tra i 15 e i 35 chilometri sopra la superficie terrestre. Ha il compito essenziale di assorbire la maggior parte dei raggi ultravioletti (UV) del sole, proteggendo così gli esseri viventi da un’eccessiva esposizione a radiazioni dannose.

Negli anni ‘80, gli scienziati scoprirono che questa protezione si stava assottigliando, in particolare sopra l’Antartide. Il fenomeno divenne noto come “buco dell’ozono” e fu collegato all’uso di sostanze chimiche come i CFC, presenti nei frigoriferi, nei condizionatori e nelle bombolette spray. Quando queste sostanze raggiungono la stratosfera, interagiscono con la luce solare e rilasciano cloro, che distrugge le molecole di ozono.

Il Protocollo di Montreal: Un Esempio di Successo

Di fronte a questa minaccia, la comunità internazionale reagì con il Protocollo di Montreal, firmato nel 1987, che prevedeva la progressiva eliminazione delle sostanze responsabili della distruzione dell’ozono. Il trattato è stato uno dei più efficaci nella storia ambientale, raccogliendo l’adesione di quasi tutti i paesi del mondo e portando, nel tempo, al divieto quasi totale dei CFC e di altre sostanze dannose.

Gli effetti positivi di questa iniziativa non si sono fatti attendere: secondo i dati del Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente (UNEP) e dell’Organizzazione Meteorologica Mondiale (OMM), lo strato di ozono sta gradualmente recuperando. Se il trend positivo continuerà, si prevede che entro il 2060 il buco dell’ozono sarà quasi completamente chiuso.

I Benefici della Riduzione del Buco dell’Ozono

La ripresa dello strato di ozono ha conseguenze importanti:

  • Minore incidenza di tumori della pelle e cataratte: la riduzione dell’esposizione ai raggi UV protegge la salute umana.
  • Miglioramento dell’ecosistema marino: i raggi UV danneggiano il fitoplancton, fondamentale per la catena alimentare marina. La ricostruzione dello strato di ozono aiuta a preservare gli equilibri oceanici.
  • Effetti positivi sul clima: alcune delle sostanze vietate erano anche potenti gas serra. La loro eliminazione ha contribuito a rallentare il cambiamento climatico.

La Lezione per il Futuro: Possiamo Fare lo Stesso con la Crisi Climatica?

Il caso del buco dell’ozono è un esempio di come una risposta tempestiva e coordinata possa risolvere un problema ambientale su scala globale. Tuttavia, resta una domanda fondamentale: possiamo replicare questo modello per affrontare il riscaldamento globale?

La lotta contro il cambiamento climatico è più complessa, perché coinvolge settori economici cruciali come l’energia e i trasporti. Ridurre le emissioni di gas serra richiede una trasformazione radicale delle nostre abitudini di consumo e produzione. Tuttavia, il successo del Protocollo di Montreal dimostra che, con la volontà politica e il supporto scientifico, il cambiamento è possibile.

La progressiva chiusura del buco dell’ozono è una delle poche buone notizie in ambito ambientale e dimostra che l’umanità, quando decide di agire, può fare la differenza. Questo successo deve essere un modello da seguire per affrontare le sfide future, a partire dalla crisi climatica. La storia ci ha insegnato che soluzioni esistono, ma devono essere adottate in tempo e con decisione.

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